quinta-feira, 24 de outubro de 2013

“Il diario spirituale di Gabrielle Bossis

 




“Il diario spirituale di Gabrielle Bossis

inviterà i lettori ad entrare nell'intimità del

Signore

che parla a coloro che sanno ascoltare”


Giovanni Paolo II


Premessa


Lui e io


di Gabrielle Bossis fu pubblicato a Parigi dall'editore Beauchesne in sette volumetti, dal 1949 al


1957 (vedi Note). Nessuno dei quaderni originali utilizzati per la stampa è stato rintracciato, eccetto il

decimo quaderno che, recentemente, è arrivato nelle nostre mani!

Sono pagine bellissime, che ci hanno emozionato con l’emozione che si sprigiona dalle “reliquie”... E ci

hanno procurato, con la loro straordinaria eloquenza grafica, la sensazione di poter quasi “ascoltare”, e

non solo leggere, quei colloqui. La grafia di Gabrielle, rapida ed elegante, lievita quando lei trasmette la

Voce di Cristo, ne traduce in qualche modo la forza e la nobiltà; spesso si arresta su una sola parola; le

maiuscole significative traboccano; i continui capoversi, le linee, le sospensioni rendono quasi sensibile

l’afflato di Colui che le parla, ce ne consegnano perfino le pause: come se la pagina fosse uno spartito,

un “Mistero sacro”, rappresentato con l’essenzialità della parola e sviluppato come una rapsodia.


Diario


Il diario di Gabrielle Bossis inizia nel 1936, con i

dialoghi trascritti sul transatlantico che la portava

in Canada per una coraggiosa tournée teatrale.


1936


22 agosto 1936 – Sul piroscafo. Durante il concerto di musica classica, gli offrivo il fascio di suoni e di

dolcezza che ne scaturiva. Lui mi ha detto piano, come una volta:


«Figliolina mia».


23 agosto 1936 – Hanno fatto un altare sul pianoforte, io pensavo ai gabbiani e agli aerei, che vengono a

posarsi sui piroscafi. Lui:


«Questa volta, è il Cristo».


Durante il penoso rollio, gli dicevo: “Lo sapete bene che tutto è per voi; allora, non ve lo dico”. Lui:


«Bisogna dirmelo, perché amo sentirmelo dire.

Dimmelo spesso: quando sai che qualcuno ti ama, sei contenta che te lo dica».


24 settembre 1936 – Canada. La cappella è accanto alla porta della mia camera, e ogni volta che ci passo

davanti gli sorrido. Lui mi ha detto:


«Sorridi a tutti. Unirò una Grazia al tuo sorriso».


3 ottobre 1936 – Nel Saskatscewan. Lui


:


«Rinchiudimi nel tuo cuore con un segno di croce, come dietro a due sbarre».


4 ottobre 1936 – Montréal. Lui:


«Quando non ti raccogli, è a me che tu manchi»

(con una voce così delicata).


25 ottobre 1936 – Festa di Cristo Re. Stamani, durante la messa, l’Abate mi ha consacrata a Dio posando la

mia promessa sull'altare, sotto l’Ostia. Lui mi ha detto:


«Occupati del mio amore... non c’è nessun orfano abbandonato come me».


Vicino a Quèbec. I bimbi avevano terminato i loro canti, e io gli dicevo: “Ora non vi parlo più in musica”.

Lui mi ha risposto:


«La mia musica è il tuo amore».


4 novembre 1936 – Al ritorno. Ultima messa sul ponte. Distratta dopo la comunione, ho udito la Voce soave

che diceva:


«Io aspetto»

.


Dicembre 1936 – In Francia. Per strada. Io: “Cammino al Vostro fianco”. Lui (dolcemente):


«Ma tu non mi parli molto...».


14 dicembre 1936 –


«Cerca di essere per tutti il mio sorriso. La mia voce amabile».


15 dicembre 1936 – Stamani alle sei meno cinque, costretta a fare rapidamente la Via Crucis prima della

messa, Lui mi ha detto:


«Pensa alla mia fretta di percorrere la Via dolorosa per andare a morire per voi».


16 dicembre 1936 –


«Esci dalle tue misure abituali: amami di più».


17 dicembre 1936 –


«Cominciamo il cielo. Amami incessantemente mentre io ti amo».


Una sera –


«Dov’è ogni Bellezza e ogni Grazia, io sono lì».


19 dicembre 1936 –


«Talvolta tu dubiti che sia Io a parlarti, talmente questo ti sembra semplice e come uscito da te stessa.

Ma tu ed Io, non siamo Uno?».


21 dicembre 1936 – Poiché gli chiedevo di dare a me e ai miei cari tutte le Grazie che tante anime rifiutano,

Lui mi ha detto:


«Le mie Grazie sono Grazie su misura, ma io sono abbastanza ricco per dartene altre. Non sono

l’Infinito?».

«Con me, sii semplice come in famiglia».


24 dicembre 1936 –


«Sii dura verso te e dolce verso gli altri».


25 dicembre 1936 –


«Nasconditi in me. Nutri il mondo con le tue sofferenze. È così che sarai la mia sposa».


26 dicembre 1936 –


«La tua immaginazione? È il cane di casa che va dappertutto.

Si può irritarsi con un cane che circola ovunque?

Fa’ come se tu non fossi stata distratta».


28 dicembre 1936 –


«Quando mi ami, ti purifichi».

«Sii per ognuno la mia Grazia».

«Ritorna a me come se non mi avessi mai lasciato. Mi farai piacere».

«Io cambio le tue preghiere in mie preghiere, ma se tu non preghi...

Posso far fiorire una pianta se tu non la semini?».

1937


1° gennaio 1937




«Con purezza e con semplicità, ecco il tu motto per quest’anno».


2 gennaio 1937




«Ti basti offrirmi l’istante presente: così, tutto l’anno sarà mio».


4 gennaio 1937




«Tu che ci tieni tanto ad essere pensata dai tuoi amici, come non comprendi che io tengo tanto ad essere

pensato dalle mie creature?».


5 gennaio 1937




«Fa’ atti di speranza. Esci da te stessa. Entra in me».

«Non giudicare. Forse tu conosci l'anima altrui?».

«Mettimi davanti a te. Prima io. Tu, dopo».

«Fa’ loro piacere per il mio piacere».


26 gennaio 1937




«Una sposa che non contemplasse spesso gli occhi del suo Sposo, sarebbe una sposa?».


12 febbraio 1937




«Certo! Conosco tutte le tue miserie poiché tu sei la mia figliolina!».

«Sapessi quanto sono sensibile alle piccole cose!…».


14 febbraio 1937 – In una corriera.


«Hai visto la mia benevolenza attraverso il volto di quella fanciulla? Sii sempre così.

Se i miei fedeli fossero buoni gli uni con gli altri, la faccia del mondo sarebbe diversa».

«Ma i tuoi desideri d’amore, sono Amore».

«Circondami d’amore».

«C’è nella tua anima una porta che si apre alla contemplazione di Dio. Ma bisogna che tu l’apra».


17 febbraio 1937




«Non lasciarmi senza le tue sofferenze, esse aiutano i peccatori».


19 febbraio 1937 – Castello di C.


«Non potrai venire a ricevermi nella Comunione in questi tre giorni, così lontana da una chiesa. Ma io

ti do l'appuntamento: sarà tutte le mattine al tuo risveglio».


Ahimè! L’indomani mattina stavo per dimenticare l’appuntamento, quando un uccellino è venuto a cantare

sulla mia finestra con una voce così acuta e insistente, che tutt’ad un tratto mi sono ricordata...

1° marzo 1937 – Nel Dipartimento del Rodano, alla stazione.


«Tu guardi fisso nella direzione del treno che deve arrivare. Allo stesso modo i miei occhi sono fissi su di

te, nell’attesa che tu venga a me».


In treno.


«Non restare mai senza fare nulla, mi onorerai mentre io mi occupo incessantemente di salvarvi».


Davanti alla Loira straripata.


«Sii sempre serena e calma. Il fiume riflette il cielo solo quando è calmo».


3 marzo 1937 – In treno.


«I miei tramonti... sono Amore. Le creature che li guardano per lodarmene, sono poco numerose...

Tuttavia, è Amore».

«Se tu non avessi delle “piccole” prove, come potrei darti “grandi” ricompense?».

«Io sono quello che ama di più».


Di sera.


«Nulla è piccolo per Me».

«Mostra nella tua vita che sulla terra non ci si riposa».


Metà Quaresima – Durante il corteo sono entrata in una chiesa per consolarlo. Con mia sorpresa, nonostante

le navate vuote, l’organo suonava. Un artista senza dubbio approfittato di questa solitudine per studiare. Era

come una solennità ineffabile. Lui mi ha detto semplicemente:


«Ti aspettavo».

«Vedi me negli altri. Questo ti aiuterà ad essere più umile».


9 marzo 1937 – Pensavo di uscire di chiesa all’Elevazione.


«Non andartene così presto

(con tenerezza). Non potrei darti tutte le mie Grazie...».


16 marzo 1937 – A Nôtre-Dame.


«Sii tenera. Nella tenerezza, fa' il primo passo verso il tuo prossimo».


La sera, alla Benedizione, mi ha ripetuto:


«Fa' il primo passo!».

«E anche se ciò che scrivi non facesse riflettere che una sola anima!?».


In treno.


Non dire: “Gloria al Padre, al Figlio” in una maniera così vaga, ma augura loro questa Gloria attraverso i

tuoi atti».


18 marzo 1937 – A Puy-de-Dôme, portavo faticosamente i miei bagagli dopo aver passato una notte fra gli

scossoni del treno, e dicevo per le scale del sottopassaggio: “Io porto la mia croce con Te, ma Tu hai avuto

qualcuno che ti ha aiutato...” E subito un signore, dietro a me, mi ha liberata di una valigia.

Ieri – Dal dentista. Lui mi ha detto:


«Io ho sofferto tanto per te! Tu non puoi sopportare questo?...».


20 marzo 1937 – A Lozère.


«Sii amabile, buona, al di là delle tue abitudini. La sposa assomiglia allo Sposo».

«Ascoltali parlare. A loro fa bene parlare ed essere ascoltati».


Assisi. Durante un “Benedicite”, in cui ero stata molto distratta, Lui mi ha detto:


«Tu credi che sia una piccola cosa? Per me, è grande».


Pasqua 1937 – Roma, Chiesa della Minerva. Lo ringraziavo delle sue sofferenze. Lui:


«Non metterai mai nella tua riconoscenza tanto amore e gioia quanto amore e gioia ho messo io nel

soffrire per salvarvi».


Taormina, Sicilia. – Osservavo le donne che hanno un marito per sbrogliare le piccole difficoltà dei viaggi.

Lui mi ha detto:


«Ma se ci sono io, qui!…».


30 marzo 1937 – Palermo.


«Ascolta e ti parlerò. Vuoi essere la mia confidente?».


Monreale di Palermo.


«Io sono in te più che te stessa».


Nella corriera da Kairouan a Sousse.


«Ti ricordi, quando eri piccola? Ti avevo detto: “Raccontami ciò che hai fatto oggi”. Ma non avevi

creduto che fosse la mia voce».


8 aprile 1937 – Sousse.


«Rendi il bene per il male. Non perderne una sola occasione».


9 aprile 1937 – Tunisi.


«Io sarò il tuo sorriso di oggi».


Tunisi, nella chiesa del Sacro Cuore.


«Perché gli uomini non vogliono credere al mio Amore?

Sono forse stato malvagio?

Mi sono forse vendicato quando ero sulla terra?

Non sono forse stato tutto indulgenza, tutto perdono?

Non sono diventato il “Dolore” per amor vostro?

Perché gli uomini non vogliono credere al mio Amore?»

«Non credere che un santo sia stato santo in ogni momento... Ma c’è la mia Grazia».


Oran. Convento delle Suore Trinitarie. Nella mia cella sotto la scala.


«Mira alla perfezione. Ma alla perfezione della “tua natura”».


Lui mi fece capire che la perfezione di un’anima non richiede lo stesso lavoro che la perfezione di un’altra.


«E tu mi farai piacere».


Nella cappella.


«Spero che tu non abbia paura di me! I tuoi peccati? Me ne incarico io».


16 aprile 1937 – Algeri. Nella chiesa di Sant’Agostino, dove avevo potuto comunicarmi appena scesa dal

treno:


«Abbrevia il tuo ringraziamento per spirito di carità».


Infatti, all’uscita, trovai sulla piazza le suore che, non avendomi vista alla stazione, mi cercavano,

preoccupate.

Algeri.


«Fa’ attenzione a non parlare del male. C’è sempre un po’ di Bene, non fosse che in germe, in ogni

anima.

Abbi degli altri la stessa cura delicata che Io ho di te ».


18 aprile 1937 – In un teatro.


«Perché mi parli come se Io fossi molto lontano? Io sono vicinissimo... nel tuo cuore».


23 aprile 1937 – Algeri.


«Non stancarti di me. Io non mi stanco di te».

«Quando Io non ti parlo, è perché quello è per te il momento dell’azione.

Parla agli altri come pensi che Io parlerei a te.

Io ti aiuterò».


25 aprile 1937 – Porto Vendres. In un caffè non lontano dall’imbarcadero.


«Se, nel ristorarti, tu pensassi a dar sollievo alle mie labbra arse, quale somma di gioie mi daresti… Ma

questo non è chiesto a tutti».


30 aprile 1937 – Sul treno di ritorno.


«Quando un oggetto ha bisogno di riparazioni, lo si affida alle mani di un operaio.

Metti dunque l’anima tua, silenziosa e immobile, sotto il mio sguardo.

Io riparo».


A Le-Fresne. Mentre piantavo i gerani in giardino e inghirlandavo il pergolato.


«Noi due insieme faremo belle cose! Ho voluto fare dell’uomo il mio collaboratore per rendere più

stretta la nostra unione. L’amore tende all’unione».


In treno.


«Lasciare gli amori per l’Amore».


Mentre ripartivo.


«Prendi il mio Vangelo. Tienilo sempre con te. Mi farai piacere».


5 maggio 1937 – Nel vagone.


«Vedi la differenza che c’è fra il ricordo di una frase che hai letto e la “mia Parola”».


Cappella di Sant’Anna.


«Perché non mi riconosci nel tuo prossimo?».


Al catechismo a Le-Fresne.


«Sii più tenera con loro. I bambini hanno bisogno di tenerezza».


12 maggio 1937




«Io cerco sofferenze che davvero vogliano unirsi alle mie».


14 maggio 1937 – Passando dalla stazione di Vannes.


«Tu non sei che un tessuto di misericordie».

1

9 maggio 1937 – Parigi. In metropolitana.


«Io sono l’Ostia. Tu sei l’ostensorio. I raggi d’oro sono le mie Grazie tramite te».


20 maggio 1937 – Montmartre. Mentre pensavo a raccogliermi, mi ha detto:


«Lo Sposo non si avvicina alla sposa mentre essa si distrae alla finestra...

Lui attende che essa lo attenda nel fondo della camera dei segreti».


Maggio – A Le-Fresne. Dopo la Comunione. Io: “Signore, supplisci alle mie insufficienze”. Lui:


«Sono qui


per questo».


Davanti ad alcune rose appassite.


«Io non passo. Io non inganno».


28 maggio – Pensavo alla sua Festa del Corpus Domini e Lui mi ha detto:


«Quando riceverò tutte le predilezioni, le predilezioni di tutte le anime, sarà veramente la mia Festa».

«Non temere di gioire di me. Vedi quel piccolo insetto che sale dritto nel cielo? Fa’ come lui.

Impara a guardare, imparerai a vedere me, il Creatore».

«Sai che cos’è la Bontà? La Bontà è mia Madre».


30 maggio 1937 – Festa del Corpus Domini. Dopo la Comunione.


«Io non ho lasciato niente di me in Cielo.

Io mi dono interamente a te: donati interamente a Me».


31 maggio 1937 – Nella Seine-et-Oise.


«Quando sei in chiesa, spogliati di ogni pensiero, di ogni preoccupazione della giornata. Spogliatene

come di un vestito. E sii tutta per Me».


In un vagone. Ho avuto la tentazione di essere pungente con una viaggiatrice pungente. Lui mi ha detto

dolcemente:


«Più si è cristiani, cioè miei, più si è amabili: sii amabile fra tutte le donne».


4 giugno 1937 – Festa del Sacro Cuore. In una stazione.


«Oggi, prendo per me ognuno dei tuoi sorrisi».


Allora, ho deciso di sorridere a tutto e a tutti.

8 giugno 1937 – A Le-Fresne.


«Non ti fermare ai piccoli dettagli della vita. Pensa unicamente all’amore: quello che ricevi da me.

Quello che tu mi dai».

«Pensa con carità. I pensieri generano le parole».


Giugno – A Le-Fresne.


«Io non ti chiedo la perfezione – sarebbe difficile per te – ma lo Spirito di perfezione.

Abbi sempre la volontà di far bene.

E questo, con grande amore».


Davanti alle rose che si arrampicano fino alla cima del grande ciliegio, Lui mi ha detto:


«Tuo padre aveva colto dal prato per te una piccola rosa, e ne eri stata tanto commossa.

Io, ho fatto sbocciare per te tutte le tue splendide aiuole. Amami di più».


11 giugno 1937 – Mentre soffrivo, ho inteso:


«Ora, sei tu che offri».


Per strada.


«Io non vi chiedo di essere degli angeli.

Vi chiedo di essere santi secondo la vostra natura».


12 giugno 1937




«Dividi la tua giornata in tre fasi:

la mattina, donati al Padre Creatore che ti offre suo Figlio in nutrimento;

dopo la messa: donati al Figlio che è in te;

addormentati nello Spirito Santo che è l’Amore».


Per strada.


«Tu, così colma di doni, sii la più piccola».

«La musica innalza l’uomo al di sopra del mondo.

Perché meravigliarti che la mia contemplazione possa dare l’Estasi?».

«Considera ogni cosa in vista dell’Eternità».


Io: “Come puoi dare tanto amore a me, così miserabile!”. Lui:


«A causa della mia Misericordia».


Mentre recitavo il Pater e l’Ave, dopo la preghiera “O buono e dolcissimo Gesù”, Lui:


«Può il tuo cuore rimanere chiuso davanti alle mie piaghe aperte?».


Per la strada.


«Ascoltami. Non solo con le parole si può fare del bene: uno sguardo penetra in un’anima e la tocca».

«Per farti piccola, non diminuire i tuoi doni, pensa soltanto che tutti provengono da me».


17 giugno 1937 –


«Tutto nella natura non è che immagine ed emblema. Non hai sentito che l'amante è immagine del mio

Amore?».

«Per capire, bisogna ascoltare. Ascolta».

«Quanto al mio Amore, non esagererai mai».

«Ricevi sorridendo le piccole prove di ogni giorno: tu metti una fascia sulle mie ferite».

«È perché sei più piccola e più miserabile che ti ho scelto».


Davanti all'Eucarestia:


«Come ho ben guadagnato il Pane dei miei figli! Tu, mangia pure questo Pane, mi è costato caro. Ma Io

sono così felice di offrirtelo...».


Nella casa vuota.


«Ma siamo insieme».

«Chi ti ha amato come ti ho amato io? Lo credi, almeno?».

«Soffri nella tua carne unendoti a me, come se io fossi stato deriso e flagellato stamani».


24 giugno 1937




«Sii contenta quando puoi offrirmi una piccola sofferenza. A me, il Sofferente».


26 giugno –


«Credi forse che Io non abbia bisogno di tenerezza, perché sono Dio?».

«Credi che io rimanga in silenzio con quelli che cercano di parlare con Me?

Parla con Me!...».

«Ti mando queste piccole Grazie perché tu ti avvicini a Me. È come se Io suonassi il campanello della

tua casa».


Un neonato cinguettava nella sua carrozzina mentre i genitori erano allo sportello della Posta. Lui mi ha

detto:


«Il tuo amore non è che il balbettìo di un piccolino».


27 giugno 1937




«Che la tua vita sia un costante raccoglimento, un’incessante conversazione con il tuo Signore».


Io: “Dammi i mezzi per farmi santa!”. Lui:


«Tu li hai».

«Ti ho pregata di svegliarti tra le braccia del Padre,

poiché ognuna delle tue mattine è una nuova creazione».


28 giugno 1937




«Rispetta la devozione degli altri. Ognuno ha il suo modo di venire a me».

«Ti ho pregata di addormentarti nello Spirito Santo perché il vostro ultimo sospiro dev’essere

nell’Amore».


29 giugno 1937 – Mentre mettevo in ordine, gli dicevo: “Signore, voi non mi parlate!”. Lui mi ha risposto

dolcemente:


«Quando sei occupata, ho come paura di disturbarti».

«Ci sono molti modi di parlarmi: tu, serviti del tuo cuore».


30 giugno 1937 –


«Tu puoi sentirmi di più o di meno. Ma Io non cambio».


Durante la messa.


«Offrimi tutti i giorni la tua morte, come tutti i giorni Io offro la mia a mio Padre».

«Io, ti do forse delle margherite sciupate o delle rose appassite?

Tu, fa’ che le tue azioni siano fresche di entusiasmo, di amore; e offrimele».

«Vedi, quest’impiegato ti ha detto che una volta tu gli regalasti un bel lapis; non te lo ricordavi. Quante

piccole cose tu mi hai offerto, di cui non ti ricordi! Ti dico questo per incoraggiarti».


Io: “Saprò morire? Insegnami a morire!”. Lui mi ha risposto come sorridendo:


«Fa’ spesso le prove generali».


In tram. Gli dicevo: “Per favore, infiamma d’amore tutti quelli che sono in questo tram”. Mi ha risposto

tristemente:


«Non vogliono».

«Che pregare non sia una fatica. Perché ti affanni tanto? Che tutto sia semplice, facile, una

conversazione in famiglia».


1° luglio 1937 – Durante la Comunione.


«Se tu potessi vedere il mio splendore in questo momento!»

«Offrimi la sofferenza. Non si può offrirmene in cielo. Offrimela!

«La mia Misericordia e la tua piccolezza».

«Metti il tuo cuore sul mio Cuore. Aspira, bevi la mia sofferenza. Purificatevi».


3 luglio 1937 – In treno.


«Prendi tutto da me, e mangia».


4 luglio 1937




«Ora che mi hai offerto le tue sofferenze, considera le mie».


5 luglio 1937




«La tua vita è così colma di incontri... Fa' il tuo esame di coscienza su ciò che hai diffuso in ogni luogo:

il Bene? l’Amore di Me?».

«A chiunque cercasse di ascoltarmi, Io parlerei.

Da chiunque mi desiderasse, Io andrei».


10 luglio 1937 – A San Pietro. Mentre salivo alla cappella del terzo piano pensavo: “Lo troverò nella sua

camera”. Lui mi ha detto rapidamente:


«La mia camera è la tua camera. Ciò che è mio è tuo».


E mi ha fatto sentire il mio nulla. È l’eccesso della sua misericordia umana e divina che lo porta a queste

squisite delicatezze.

Io gli ho detto: “Come potete amare una creatura così miserabile!”. Lui mi ha risposto:


«Non posso fare altrimenti».

«Non mirare a voler dire tante parole di preghiera: amami semplicemente.

Uno sguardo interiore. Un sorriso di tenera amica»


12 luglio 1937 –


«La tua conversazione con me? Piccole parole brevi, capisci? Senza sforzi.

Meno sforzo c’è, più c’è Amore. »


18 luglio 1937




«Donati a me come io mi dono a te.

Se tu ti serbi per te stessa, la nostra unione non è completa.

Donati a me come io mi dono a te».

«I tuoi successi? La tua allegria? Il tuo fascino? Attribuisci a Me tutto. Sono io che te l'ho dato».


10 luglio 1937 – Ero stata in giardino ad occuparmi dei fiori prima di dire le orazioni. Poiché mi attardavo,

mi ha detto:


«Quando toccherà a me?».


22 luglio 1937 – Scendendo da una stazione.


«Abituati a rivolgerti al prossimo con un atteggiamento d’inferiorità.»


Alla fermata di un treno.


«Quando la tua vita si fermerà, che sia con un grido d’amore!».

«Vedi questa bimba? Guarda suo padre sorridendo. Non gli parla. Ma come è felice suo padre di questo

sorriso!».


Stazione di Paray-le-Monial. Mentre pensavo che non era questo il più bel paesaggio francese per ricevere il

Sacro Cuore, Lui mi ha detto:


«Non era il paese ad attirarmi, ma l’anima così umile di Margherita-Maria».

«Quando parli o anche quando pensi in modo altezzoso, ciò proviene dalla tua bassezza.

Quando ti fai la serva degli altri, questo ti innalza».


26 luglio 1937 – Nel Midi.


«Guarda la foglia dell’albero, così verde e larga: se con il suo stelo non si reggesse al ramo che è attaccato

al tronco, che sarebbe la foglia?».


28 luglio 1937




«È appena hai tagliato le rose appassite, che il roseto fa sbocciare nuove rose: è un incessante movimento

in avanti, fiori o frutti. Imita il tuo Creatore».

«Più ti darai agli altri, più Io mi darò a te».


30 luglio 1937 – Distratta dopo la Comunione.


«Quando si ha nel proprio salotto qualcuno di molto amato, non ci si mette alla finestra a guardare i

passanti».


Nelle paludi salmastre.


«Vedi, c’è del sale sulle tue labbra, eppure hai semplicemente attraversato l'atmosfera delle paludi:

quando mi ricevi al mattino, rimane qualcosa di Me in te, tutta la giornata».


4 agosto 1937 – Aspettando la corriera sotto gli alberi.


«Vedi come l’anno scorre impercettibilmente con il susseguirsi delle stagioni.

Lo stesso avviene per l’incremento spirituale: abbi la pazienza della tua lentezza».


9 agosto 1937 – Le Havre. Lui mi ha fatto notare che, nel Credo, passus (ha sofferto) è accanto a 'è nato',

perché Lui ha sofferto tutta la sua vita.

10 agosto 1937 – Lione.


«Per esser santa, bisogna innanzi tutto voler esser santa.

Voi nascete solo per la santità».


12 agosto 1937 – Nell’Ardèche. Io: “Come fate a discendere in questo poco vino del calice!”. Lui:


«Con tanta gioia!».


16 agosto 1937 – La Salette.


«Sii ben consapevole del tuo nulla. Porta le tue qualità e i tuoi doni come gioielli regalati dal tuo Re-

Sposo».


20 agosto 1937 – In treno.


«Di ciò che metto nella tua mano, fai dono agli altri».


21 agosto 1937 –


«Quando trovi il tempo di fermarti davanti a me, tu ti apri e io posso parlarti.

Trova questo tempo».


25 agosto 1937 – In giardino.


«Dubiti che sia io? Fa’ come se fosse vero».

«Calunniata? Bisogna bene che tu sia come il tuo Sposo».


26 agosto 1937 – Dopo la Comunione. Avevo dei dubbi...


«È perché sono Dio che non avrei il diritto di parlare alle mie creature?».


30 agosto 1937 – Davo ospitalità a dei domestici.


«Come ti sentirai umiliata di servirli… Ma è me che tu servi».


31 agosto 1937




«Più darai luce, più ne conserverai...».


1° settembre 1937




«Senti questi piccoli cardellini sugli alberi?

Parlano a bassa voce, senza interruzione. Mormorio di uccelli.

Parla con me a bassa voce, senza interruzione. Mormorio di anime».

«Prendi il sangue che cola dalle spine e lavane il mondo.

Ascolta, e intenderai».

«Cosa ti resta da fare sulla terra, se non amare il tuo prossimo per Me?».

«Vai al di là di te stessa».

«Sii la più umile, la più semplice».


2 settembre 1937




«L’amore di ieri ti dà più amore per oggi, e l’amore di oggi ne prepara di più per domani».


3 settembre 1937


Io: “E tutti i miei difetti?”. Lui:


«Vieni ugualmente. Vieni sempre.

Credi in Me. Credi nella forza del mio Cuore».


1° venerdì di settembre 1937




«Non parlare senza sorridere».


4 settembre




«Mettiti davanti a me come una terra bisognosa di rugiada.

Ma la rugiada non c’è tutti i giorni».

«Attendi il mio compiacimento.»

«È forse tanto difficile ciò che ti chiedo? Unire le tue azioni alle mie?».

«Semina conversioni in te stessa».

1938

«Dimmi “buon giorno” ad ogni risveglio, come se tu entrassi in cielo».


Mentre stavo per addormentarmi.


«Di’ il

Pater. Lo hai già detto, ma ci sono tanti modi di dirlo!».


Dopo la Comunione.


«Lascia le tue piccole preoccupazioni. Entra nelle mie: la perdita delle anime».


Siccome ero poco contenta di me e imbarazzata davanti a Lui.


«Non sono forse più grande delle tue mancanze? Non sono più grande del tuo povero essere? Dammi

tutto. Io riparo quando mi si chiede di riparare».


23 giugno 1938 – Quasi con un accento di smarrimento:


«Non bisogna lasciarmi solo!...».


Lo ringraziavo di tutte le sue ostie sin dalla prima.


«Tu le hai sempre: un’ostia ricevuta è eternamente data.

È questo il tesoro degli eletti».

«Io sono eternamente morente per la sete della vostra salvezza. Dissetami».


Durante la processione del Santissimo Sacramento, gli chiedevo tante cose.


«Mi permetti di scegliere io stesso la vita che ti ci vuole? Non vedi che te l’ho già fatta su misura?».


Contro le distrazioni dopo la Comunione.


«Perché io parli in casa tua, bisogna che tu ci sia...».


20 giugno 1938 –


«Non essere amabile per amore dell’amabilità. Sii amabile per farmi piacere».


27 settembre 1938 –


«Se tu sostituissi i tuoi pensieri preoccupati con pensieri di tenerezza verso di me, non credi che sarebbe

più utile e che saresti più felice?».

«Con gli altri, puoi parlare pensando ad altro; con me, non lo devi fare!».

«Ma non avresti nessun merito ad amarmi, se tu mi vedessi...».


Dopo aver letto nelle rivelazioni di C. Emmerich che Lui era caduto sette volte sulla via del Calvario, gli

dicevo: “Perché non ci hai detto tutto nel tuo Vangelo?”.


«Non sarei stato amato di più...».

«I miei intimi sulla terra saranno i miei più intimi in cielo».


Nella Lozère. Al Grand Hotel, pensavo alle donne che rigovernavano.


«Non hai capito che qualsiasi azione può essere fatta per me?

Io non vedo differenze nelle cose come le vedete voi. Io vedo differenze solo nell’amore».


Lione.


«Ogni minuto, tu puoi salvare migliaia di anime! Pensa. Chiedi. Ama».

«Ti raccomando il tuo momento presente, il tuo dovere di stato».


Marsiglia.


«Cancellati da te stessa nel tuo pensiero».


23 novembre 1938 – Calvi, Corsica.


«Io sarò per te ciò che desidererai che io sia».


Bastia.


«Quando preghi, guardami in questa o quella sofferenza, in questo o quel luogo: darà più forza alla tua

preghiera».


5 dicembre 1938 – Al ritorno.


«Nessun delitto supera l’amore. L’amore è più grande delle vostre colpe».


Ajaccio. Sulla montagna di Solaria.


«Se tu avessi dato un segno particolare a un’amica, ti piacerebbe vederglielo tenere spesso? Io vi ho dato

il segno della Croce, fallo spesso, come un segno d’amore e d’unione».

«Fino a quando manterrai queste distanze con me?».

«L’amore è totale assenza di separazione».


12 dicembre 1938 – Sartène. Dei fanciulli dicevano svogliatamente il Rosario.


«Come me lo sfigurano, il mio

Pater!».


Bastia. A messa; durante il


Pater: “Signore, quando parlavi sulla croce soffrendo tanto, come mai quei


minuti non hanno salvato tutti i peccatori della terra?”.


«Io ho aperto il cielo a tutti, ma ognuno è libero.

Siete voi, fratelli miei, che dovete completare la salvezza degli uomini chiedendomela e soffrendo per

loro».

1939

«Perché mi lasci? Io non ti lascio».

«Quando il sacerdote chiude la porticina del tabernacolo, chiedimi di essere rinchiusa nel mio Cuore.

Approfitta di tutto per parlare con me, come se sulla terra ci fossimo solo io e te».

«Un atto di bontà è un passo verso la rassomiglianza».


In una stazione, di notte, io guardavo le case buie.


«Tutti dormono. Lascia che mi rifugi nel tuo cuore».


28 marzo 1939 –


«Tu che hai viaggiato, hai visto che la terra non è molto grande.

Chiedimi la conversione di questi popoli.

E quand’anche la terra fosse più vasta, la mia Misericordia ha forse dei limiti?».


Aprile 1939 – Sfax. Pensavo: “Forse, non tornerò mai più qui”.


«Che importanza ha? Sono io che ti guido».


20 aprile 1939 –


«Guarda spesso al cielo. Ti aiuterà a desiderarlo».


Lione.


«Sei capace di salire questa strada senza guardare i passanti, per farmi piacere?».


Dopo la Comunione.


«Vedi come ti lasci distrarre quando lasci il momento presente? Ti raccomando nuovamente il momento

presente. Immagina una vita in cui i “momenti presenti” fossero tutti vissuti per la gloria di Dio!».


A Le-Fresne.


«Onora, saluta gli angeli della tua terrazza. Essi sono qui perché tu li hai invitati».


E mi sono ricordata che prima di partire avevo detto agli angeli: “Venite a sedervi su queste panchine e lodate

Dio per tanti meravigliosi orizzonti”.


«Onora gli angeli della tua casa. Ah! se credeste, vivreste più con gli Invisibili che con i visibili».


Durante la benedizione di un sacerdote.


«È lui che fa il segno. Sono io che ti benedico».


18 maggio 1939 – Pensavo ai Quaranta Martiri distesi sul ghiaccio. Lui, come sorridendo:


«Ti stupisce che mi si ami?».


26 maggio 1939 – Ore 5,30.


«Sin dal tuo risveglio, chiedimi delle anime. Richiedimi dei peccatori. Mi farai tanto piacere… non

puoi immaginartelo. Io sono morto per loro.

Sono morto senza essere stato malato, anzi pieno di vita. Sono morto a forza d’essere picchiato.

Se non mi aiuti oggi, non potrò salvare questa o quell’anima, e tu sai se le amo! Salvale come se tu

salvassi me...».

«Tutto ciò che dico ad un’anima, è per tutte le anime. Tutte, sono le mie preferite… Tutte. Una sola.

Ah, se si sapesse del mio amore per ognuna di loro... Credi a quest’amore. Sfruttalo!».

«Confidenza verso i santi e gli angeli. Quando si è piccoli, si sta nelle braccia di tutti. Ci si lascia

coccolare ed è tutto naturale».


1° giugno 1939 – Nell’Ain.


«Scrivi: “Vorrei che non si avesse più paura di me,

che si guardasse il mio cuore pieno d’amore, che si parlasse con me come con un Fratello diletto”.

Per alcuni, sono uno sconosciuto. Per altri, un estraneo, un maestro severo, un esattore.

Pochi vengono da me come si va in una famiglia amata. E il mio amore è lì che aspetta.

Tu, di’ loro di venire, di entrare, di affidarsi all’Amore così come sono. Così come sono.

Io li ristorerò, li cambierò. Avranno una gioia che non conoscono. Io solo posso darla. Ma che vengano!

Di’ loro che vengano...»

(con una voce piena di un grande desiderio).


3 giugno 1939 – Nell’Ain.


«Quando chiedi, sii sicura che sono abbastanza buono da esaudirti; altrimenti, mi impedisci di dare…».


Io: “Oggi è il Corpus Domini, che cosa dobbiamo darti?”.


«La fedeltà nelle piccole cose».

«Sii crocifissa con me. Essere crocifissi è venire lacerati contro la propria natura, contro i propri desideri,

contro l’amore di sé. Nella povertà, nell’oscurità, nell’obbedienza al Padre.

Ricordati che la crocifissione è il preludio della Risurrezione, cioè di tutte le gioie».


16 giugno 1939 – Pensavo a coloro che mi avevano amata con tanta bontà.


«Ma questi ti lasciavano talvolta. Io, non ti lascio.

Tu sei sempre nei miei pensieri».

«Sai tu che cosa è l’amore di un Uomo-Dio che chiama? che chiede il vostro amore? e che sente in

risposta solo il riso che insulta?».


22 giugno 1939 – A Le-Fresne.


«Sii molto semplice con me. Cosa si fa la mattina e la sera in famiglia? Ci si dà il bacio dell’affetto, cosa

naturale. E talvolta, durante la giornata, per una parola o per un regalo, ci si guarda…

Ci si guarda con amore. Si hanno slanci di tenerezza. Quant’è dolce e confortante... Ah! se mi si

permettesse di far parte della famiglia!...».


26 giugno 1939 –


«È nell’essenza stessa del tuo essere che voglio abitare. Io ti farò vivere. La vita, sono io...

Non avere altra volontà che la mia e quella di mio Padre. Tu ne sarai ricompensata nell’ultimo giorno».


Durante la messa, al


Pater.


«Io ho composto le parole del

Pater perché accettiate di dirle».


10 luglio 1939 –


«Qual è la tua divinità? Sei tu, o sono io?


Allora, perché non pensi più a me che a te?».


17 luglio 1939 –


«È dunque così difficile parlare con me? Tutto ciò che ti interessa, tutto quel che è la tua vita, dimmelo.

Io ti ascolterò con tanta gioia e tanta attenzione… Se tu sapessi…

Di’ agli altri di essere con me come con l’amico intimo che conosce i loro segreti».


18 luglio 1939 –


«Ringrazia Dio di questo giorno che inizia; puoi guadagnare tanti meriti, tanta gloria… in un giorno…

Io ti permetto di servirmi, di amarmi. Servire Dio!

Se tu pensassi a questo onore, a questa felicità…

Ah! se ad un dannato fosse concesso un giorno solo… Immagina l’uso che ne farebbe! Parla con me,

figliolina mia».


19 luglio 1939 – Dopo la Comunione.


«Io mi sono donato agli uomini che hanno fatto di me ciò che hanno voluto.

L’ho fatto per amore. Ora, io mi dono nell’Eucaristia.

Di nuovo, gli uomini fanno di me ciò che vogliono… Io faccio questo per amore. Sino alla fine. La fine

dei tempi».


26 luglio 1939 – In giardino.


«Non è per ciò che mi dici che amo ascoltarti, è semplicemente per il fatto che tu mi parli. Così il mio

desiderio di intimità è soddisfatto, e ti guardo con l’amore di un Salvatore.

La tua riconoscenza, i tuoi omaggi, naturalmente, li amo!

Ma è soprattutto il cuore-a-cuore che cerco in voi, le confidenze del prediletto».

«Sorveglia bene i pensieri del tuo cuore.

Ciò che abbiamo nel cuore è presto detto con le labbra».


31 luglio 1939 – Dopo la Comunione.


«Vivi unicamente per me. Quando parli, si veda bene che in te ci sono solo io. Non temere di

nominarmi nelle conversazioni. Tutti, senza saperlo, hanno bisogno di me. E il nome di Dio può

svegliare il Bene nelle anime. Tu ne prenderai l’abitudine. Io ti aiuterò. Si verrà da te per sentire parlare

di me.

Perché dovresti temere, dato che io farò la maggior parte del tuo lavoro? Aiutarvi è la mia felicità.

Chiamatemi in vostro soccorso, mie amate anime.

Voi avete la libertà di volermi o di non volermi; e io resto qui, aspettando la vostra decisione con il

cuore che batte. Il mio cuore desideroso della vostra scelta...

Ama seminare il mio nome nelle parole che pronunci. Come una tenera riparazione per il dolore che mi

procurano coloro che vogliono cancellarmi da tutto, persino dall’anima dei fanciulli.

Semina il mio nome, io lo farò crescere».


8 agosto 1939 – Dopo la Comunione, pensando che avevo un pranzo a casa mia.


«Tu non hai bisogno di lasciarmi per ricevere i tuoi invitati. Anch’io so ricevere e accogliere.

Quand’ero sulla terra, accoglievo molti sconosciuti. Con affettuoso interesse.

Quegli estranei se ne andavano così felici…

Fammi l’onore di tenermi presso di te, in te, quando ricevi. Che non ci sia nella tua vita alcun momento

in cui io sono di troppo: capisci, amica mia?».


Salivo le vecchie scale e ad ogni gradino, Lui


:


«Dimmi che, di tutta la tua vita, questo è il momento della tua più grande fede,

la tua più grande speranza, il tuo più grande amore.

Crescere di momento in momento e dirmelo».


Davanti all’immagine del Santo Volto.


«Amica mia, mi ami? Mi ami più degli altri?».


9 agosto 1939 –


«Avvicinati a me ancora di più, avvicinati strettamente al tuo dovere:

piccoli istanti che non sembrano nulla ma sono miei, se me li dai.

Raccoglierò questi piccoli istanti tutti donati a me per farne un’Eternità per te».


13 agosto 1939 – Annonay.


«Voglio essere il tuo Unico, la tua unica preoccupazione, il tuo unico pensiero.

Nulla. Nessuno. Me».


16 agosto 1939 –


«Credilo: le azioni più ordinarie, fatte con l’intenzione di salvare le anime, salvano le anime.

Credilo per davvero. Bisogna crederlo, perché onora la mia potenza e la mia bontà».


Lione. In un bar affollato di gente.


«Dimmi qui un

Pater Noster. Sarà il solo che mi sarà detto qui, per chissà quanto tempo!».


In una chiesa vicino alla stazione.


«Raccontami ciò che ti ha interessato o che ti ha fatto soffrire.

Si crede che mi si debba parlare in un linguaggio speciale, ecco perché ci si astiene.

Ma se si sapesse quanto mi piacerebbe che si venisse a me semplicemente e con un po’ di affetto!...

O voi che siete i miei amici più delicati, venite a placare la mia fame di voi».


13 settembre 1939 – Dopo alcune visite che mi avevano trattenuta per tutta una giornata.


«Non ritornare nel mondo.

Se tu ridiventassi mondana, non avrei più il tuo pensiero».


14 settembre 1939 – Poiché mi sentivo intimidita a passare la mattina con il Padre, Lui:


«Tutto ciò che ha compiuto il Figlio è stato voluto dal Padre. Chi è amico del Figlio è amico del Padre.

Chi ama il Figlio, ama anche il Padre».


15 settembre 1939 – Mentre pregavo.


«Se aveste la fede! Ciò che ottenete in anni di preghiera l’otterreste con una sola richiesta.

Credete dunque che vi ascolto, che vi esaudisco sempre, in un modo che non sapete

ma che è una risposta alla vostra preghiera».

«Non avere che bontà nei tuoi pensieri: i tuoi atti saranno migliori».


10 ottobre 1939 –


«Non trascinare sempre con te il tuo passato, se ti appesantisce e ti trattiene dall’avvicinarti a me. Ma

gettati spontaneamente, come sei,

tra le mie braccia, per gustarvi la gioia: posso darti altra cosa?».

«Tu non ti meravigli di dover togliere ogni giorno la polvere dai tuoi mobili;

non meravigliarti dunque di dover togliere ogni giorno la polvere dalla tua anima.

Perciò, aiutati con le indulgenze. Bisogna servirsene».


18 ottobre 1939 – Leggevo in Josefa Menendez: “Se le anime vivessero costantemente unite a me, mi

conoscerebbero meglio”. Io: “Signore, cosa significa unirsi a te?”.


«È pensare a me.

È conversare con me come con il più caro e dolce amico.

È ricercare i miei interessi.

È soffrire per la mia causa.

È preoccuparsi del mio regno.

È ricordarsi delle mie sofferenze.

È lasciar sfociare il proprio amore nel mio amore ad ogni momento della vita…

È tutto ciò che ne deriva».

«Amami come puoi: io porto a compimento».


19 ottobre 1939 –


«Fa’ attenzione al santo del giorno.

C’è festa per lui in cielo. Ha grazie da donare in quel giorno, se gli si chiedono.

Unisciti alle feste del cielo… mentre aspetti».


28 ottobre 1939 – Dopo la Comunione.


«Se a ogni ringraziamento tu domandassi a mia Madre di aiutarti, vi troveresti una grande gioia!».


Davanti a uno stupendo levar del sole sull’acqua, cantavo: “Quant’è ammirabile il nome del Signore!”.


«Non è vero che i miei spettacoli sono i più belli della terra? Io li faccio per voi.

Ah! se solo sapeste guardarli... Ringraziarmene... Trovarvi il mio Amore. Tu, ripagami».


3 novembre 1939 – Davanti al fuoco.


«Lo vedi, niente brucia senza contatto. Avvicinati a Me. Unisciti a Me. Unirsi significa diventare uno».


6 novembre 1939 – In città. Passavo davanti a una chiesa.


«Perché non entri a trovarmi? E se avessi qualcosa da dirti?

Tu non passeresti davanti alla casa del tuo più intimo amico, senza entrarvi correndo di gioia… Ti

ingegneresti perfino a includere la sua casa nel tuo itinerario.

Tuttavia, questo amico intimo non ti attenderebbe con tanto desiderio quanto il tuo Salvatore. Entra.

Non perderai tempo. Vedi come ti amo!».

«Hai scelto? È proprio me che vuoi? Vivi per te o per me? Il Padre ed io aspettiamo le vostre risposte».


16 novembre 1939 –


«Temere? Certo: bisogna temere i miei giudizi, temere la mia legge, temere la grandezza della mia

Divinità. Ma non si deve aver paura di me nella vostra vita.

Io sono tutto bontà, tutto amore, tutto misericordia.

Avvicinati al tuo Roveto ardente, che brucia senza consumarsi».


19 novembre 1939 – Ore 5,30. Via Crucis. Dicevo al Signore: “Io grido talmente forte il mio amore che tu

non udirai i colpi di martello”.


«Quanto bisogno ho di essere consolato!

Condannato a morte… a questa morte… lo sai che cos’è?».


“Vorrei essere condannata io, Signore, per fartene l’offerta”.


«Allora, offrimi già da ora il tuo consenso a morire, per obbedire alla legge divina, per la glorificazione

di Dio, per la riduzione del male sulla terra, per l’esaltazione della Croce. Ricordati:

quando la mia Croce è scesa nella sua buca,

il rumore dell’urto fu udito nel Limbo dove tante anime che aspettavano la venuta del Salvatore

tremarono di gioia;

quando l’amore della Croce entra in un’anima e vi si sprofonda, quest’anima vive in una gioia che il

mondo non conoscerà: il mondo che ha soltanto piaceri,

mentre la gioia appartiene a me e ai miei, amica mia».


3 dicembre 1939 –


«Vedi questa grossa porta di ferro e di legno spesso? Com’è pesante!

È una porta fatta dalla paura e dalla diffidenza… Come potrei entrare da una porta come questa?

O voi, miei intimi! Abbiate grande fiducia nella mia ricchezza d’amore. Allora, io mi precipiterò in voi

con quanto desiderate, poiché sarete irresistibili».


Mentre cucivo delle pianete.


«Laggiù al fronte, o laggiù in Africa, io sarò contento di avere ornamenti confezionati dalla mia

figliolina.

Sai quanto un padre è fiero e felice di ciò che gli offre il suo piccolino?

Forse, non è fatto molto bene… potrebbe essere più bello… ma il bambino ha lavorato con tutto il

cuore, allo scopo di far piacere al suo caro padre, e allora…

Non è meglio questo che un lavoro perfetto ma fatto senza amore? Ah! la tua tenerezza, come la cerco in

te! Nelle tue opere!...».


22 dicembre 1939 –


«Prega molto per gli altri. Amplia le tue richieste: i governi, le missioni, i popoli… il mio Regno

ovunque… Io me ne faccio carico».


24 dicembre 1939 – Al chiaro di luna, nell’Avenue. Gioiosa del Santo Natale in arrivo. Mi ha detto:


«Oh sì, rallegrati! Sai che cos’era la terra prima della mia venuta? C’era Dio e c’erano gli uomini.

Ora Dio è diventato uno degli uomini, uno di voi… Che amore!

Quale unione possibile tra voi e Lui…

Riesci a percepire la differenza? Ringraziami con tutte le tue forze e sii mia più che mai».


26 dicembre 1939 – Dopo una riunione di giovani.


«Prendi la tua anima nelle tue mani e guarda la tua giornata. Pesa l’amore che mi hai dato nel corso

delle ore. Ricordati: Sarete giudicati sull’amore».


Dopo la Comunione.


«Cerca di evitare le più piccole colpe. Questo è il tuo lavoro, perché sei chiamata alla santità, e la santità

è l’assenza di ogni macchia volontaria. Lavoro d’amore, d’amore, capisci?».


Via Crucis, 1
a stazione.


«Mi condanneresti a una morte certa, se nel tuo spirito il disordine dei pensieri terreni oscurasse il

pensiero di me».

1940


17 gennaio 1940 –


«Tu non mi senti sempre allo stesso modo; ma che l’oscurità non t’impedisca di camminare!Umiliati e

cammina fedelmente. Cammina.

Non mi vedi. Non mi senti, ma io sono qui, tutto amore, tendendoti le braccia. Nulla sulla terra mi

distrae da voi… Le idee, i pensieri umani sono brevi, e mi si giudica così…

Io sono l’Essere stabile, immutabile. Io sono la Presenza. Io sono lo Sguardo. Io sono Colui che contiene

tutto. Io sono sia l’Istante che l’Eternità. Io sono la Ricchezza d’amore.

Io sono Colui che chiama, affinché veniate senza timore a gettarvi sul mio cuore.

Io, chiamo. Tu, almeno, sii la risposta».


2 febbraio 1940 – Di mattina.


«

Render l’anima, è una parola giusta. Io ve l’avevo data. Vi avevo messo tanto Amore…


Bisogna rendermela con tutto l’affetto, tutta la tenerezza di cui siete capaci, per onorare il mio amore, il

Primo. Quando verrò a coglierla, questa cara anima, che essa mi si doni come un flacone di profumo

che si spezza».


4 febbraio 1940 – Col pensiero cercavo di consolarlo mentre era tutto sfigurato dai colpi. E mi chiedevo: “Lo

amerò altrettanto, glorificato?”. Lui mi ha risposto:


«Non hai lo stesso cuore, quando indossi il tuo abito delle feste?».


18 febbraio 1940 – Via Crucis, 2
a stazione.


«Ricevi la tua Croce di ogni giorno come io ho ricevuto la mia, con grande amore.

Non dico: “Non sentirne la sofferenza”. Dico: “Arriva, poco a poco, ad amare la sofferenza”. È la

sofferenza che avvicina a me e nessuno potrà uguagliarmi nelle mie innumerevoli sofferenze».


Durante l’Elevazione.


«Io sono Colui che espia. Metti sull’altare tutte le tue colpe, fin dalle prime; e all’orecchio del Padre, con

tenerezza, di’ la tua contrizione».

«Pare che ci siano due dèi: quello del Cielo e quello della terra, il denaro.

Tu, non servirti di quest’ultimo che per servire il tuo Salvatore e il prossimo per Lui».

«In ogni azione, metti la tua piccola parte di buona volontà e attendi da me tutto il resto».

«Ogni cristiano in grazia è un altro Cristo. Si dice talvolta che in certi uomini vi sono più uomini. Il

Cristo è stato tutti gli uomini. Egli ha portato tutti i loro peccati.

Unisciti a Lui quando è stato te, quando si è caricato delle tue colpe. Non si può comprendere, quaggiù,

la penetrazione di Cristo in ognuno di voi. Era un Dio in un uomo! Il suo potere di salvezza era

infinito, poiché la sua Divinità non ha mai lasciato la sua umanità. Trattatemi come il più intimo, che

non solo perdona le colpe che gli si confidano, ma che prende su di sé queste colpe per ottenerne il

perdono dal Padre».


1° marzo 1940 –


«Non pensi mai che questa o quella grazia ti è stata concessa per una preghiera detta per te?

Per l’una o l’altra benedizione di un sacerdote? Per i meriti dei tuoi genitori?

Per la misericordia divina? O la bontà di mia Madre? Nulla ti porti a credere che la causa sei tu

o le tue virtù...».


5 marzo 1940 – Dopo la Comunione.


«Quando vedi che la tua volontà viene da te stessa, allora metti la tua mano nella mia,

guardami, affinché la tua volontà sia modificata da me, per il mio servizio».


11 marzo 1940 – Dopo la Comunione.


«Da questo vedrò che mi sei fedele: nelle ore di lavoro, impegnati

bene nel tuo lavoro; nelle ore degli


affari, impegnati

bene nei tuoi affari; ma nelle ore di preghiera, nelle ore d’amore, che nulla venga a


distoglierti da me e dai miei interessi. Sii così la mia Fedele, fin da ora».


Dopo una mia critica.


«Figliolina mia, bisogna temere di essere meno santi di colui che denigriamo».


Nel viale.


«Non dire le tue preghiere come una

corvée obbligatoria, ma come una storia affascinante e nuova


raccontata all’orecchio del tuo Diletto.

E come la dirai ancora meglio con un sorriso interiore! E come sarà ascoltata meglio!…».


Pasqua 1940 – Nella cattedrale.


«Così come sono entrato solennemente nel Limbo dopo le mie ultime sofferenze

(ricordati questo: sulla terra, si arriva sempre a una sofferenza che sarà l’ultima, lo dico per

incoraggiarti), così come ho rallegrato e liberato quelle anime,

allo stesso modo, solennemente, io verrò a liberarvi dalla terra e a rallegrarvi, anime mie così care!

Che questo pensiero vi dia una fiducia gioiosa. È breve, la terra… E allora vedrai il mio volto».


“Signore, vorrei parlare con te con tanta grazia quanto la prima donna, quando visitavi Adamo ed Eva nel

Paradiso terrestre”.


«Ma tu, hai molti più motivi d’amore dei tuoi progenitori! Allora, ero il Creatore, il Benefattore,

l’Illuminatore.Ora sono il tuo Salvatore, il tuo Riparatore, la tua dolce Vittima, l’Amore rivelato.

Ti faccio più che delle visite: abito in te. Non ti lascio mai, a meno che tu non mi scacci via…

Trova dunque in te delle parole che ti facciano struggere d’amore».


24 giugno 1940 –


«Non credere che sia difficile fare penitenza. Voi espiate quando volete, unendovi alle mie sofferenze. E

la vostra espiazione piace a Dio perché siete liberi, mentre l’espiazione in Purgatorio è indipendente

dalla vostra volontà».

«Vedi, ci sarebbe un modo per non pensare più alle tue piccole preoccupazioni: pensare alle mie».


8 agosto 1940 – Ora santa.


«Non scoraggiarti. Ci sono modi di avanzare, anche tramite le cadute: grida verso di me, non temere di

gridare se cadi. Ma che questo tuo grido vada dritto verso il tuo unico Amico. Credi nella mia forza.

Non ho afferrato Pietro che sprofondava nelle onde? Non mi credi più pronto ad aiutarti che a perderti?

Ah! mia povera figliolina, quanto poco mi si conosce… Mi si vuole ignorare. Si auspica che io non

esista, io, l’Essere!... Accresci lo scarso numero di anime che si donano totalmente al mio amore.

Serratevi attorno a me come se difendeste un vostro povero tesoro. Dico “povero”… Vorrei essere il

grande “ricco” di anime! Ma il rapitore porta via molte pecorelle... Eppure, io le chiamo ognuna per

nome. Aiutami! Unisciti alle mie pecorelle fedeli con ogni tua

Via Crucis, con i tuoi buoni esempi, le


tue amabili parole. Prolungami sulla terra. Io ci sono ancora, grazie a voi.

Lasciami vivere intensamente, grazie a te. Prestami la tua intelligenza e il tuo corpo; e tu, nel cielo,

possiederai la mia Essenza. Non saremo

tutto l’uno per l’altro?».


Consideravo la mia miseria.


«Più un bambino è piccolo e debole, e più lo si tiene stretto sul proprio cuore».


22 agosto 1940 – A Le-Fresne. Mentre guardavo il sorgere del sole:


«La mia luce si leverà su di te nell’ultimo giorno. Quale sarà la tua estasi…

Conoscerai i favori della salvezza. Sarai avvolta e come sommersa dalla mia Misericordia.


Canta sin d’ora la tua riconoscenza con la tua fede».

24 agosto 1940 –


«Un solo

Pater Noster detto da un santo è più potente di un gran numero di preghiere dette senza


amore. Metti amore nelle tue parole come un’effusione del cuore, allora le tue parole mi consoleranno.

Non è per te una gioia far riposare il tuo Dio?

Dimmelo, che io lo intenda bene al mio orecchio, come un segreto d’amore».


25 agosto 1940 – Mentre ricevevo dei nipoti.


«Ricevili come se tu ricevessi me stesso. Immagina le premure che la tua tenerezza avrebbe per me.

Ebbene, dona loro le stesse premure».


3 settembre 1940 – Dopo la Comunione.


«Il lunedì: vivi nell’amore dello Spirito Santo chiedendogli l’amore. È Lui che fa la santità.

Il martedì: con la Regina degli angeli e gli angeli. Per riparare alle offese e alle tue offese.

Il mercoledì: con San Giuseppe. Prendi in prestito da Lui la sua vita interiore.

Il giovedì: sii piccola ostia con me. Sii un’ostia che canta. Cerca come un avaro le occasioni di piccoli

sacrifici che ti rinnoveranno nello stato di ostia.

Il venerdì: tutta per il mio Cuore. Il venerdì che fu per me una grande sofferenza, sia per te una grande

dolcezza.

Il sabato non sei sola: mia Madre ti accompagna. Risveglia in te l’amore per Lei.

La domenica: sali in seno alla Trinità santa, come un piccolo grano d’incenso in segno di pura lode.

Fa’ così, piccola anima».


10 settembre 1940 –


«Quando passa un giorno senza che tu abbia pensato a me, sia grande il tuo dolore!

Per paura che il mio dolore sia ancora più grande…».


19 settembre 1940 – Ora santa. In chiesa, mi preoccupavo dell’accordatore dell’harmonium che faceva

rumore: “Gli impedirà di parlarmi?”.


«Forse che qualcosa o qualcuno può impedirmi di parlare a un’anima quando voglio parlarle?

Il mio, non è forse il linguaggio profondo del cuore-a-cuore? Anche in mezzo alla folla tu mi hai udito,

hai inteso la Voce così tenue che ci vuole l’amore per afferrarla.

E tu sai, quanto amo essere il vostro prigioniero… Rubatemi!

Più mi ruberete, più avrò nuovi tesori da far rubare. Non abbiamo messo tutto in comune? come in

un’amorevole famiglia? Siate certi che la mia ricchezza non diminuisce mai.

Prendete! prendete a piene mani, a pieno cuore, non solo per voi, ma per tutti.

Ah! non dimenticate nessuno e la mia ricchezza ne sarà accresciuta.

Ti ho detto che così poco v’impedisce di vedermi...

Credete dunque nella mia Presenza invisibile, piena di affetti, di amori incomparabili, se sapeste…

Una Presenza! È tanto… Fa’ tutto: lavoro, preghiere, pensieri, conversazioni, come se io fossi là: e io

sono là. Non trovi che sia infinitamente bello? Quando ti svegli, sono là. Quando riposi, sono là.

Tu puoi dire: “Lui non mi lascia mai sola”. È in questo che la tua solitudine è divina.

Ti ricordi, dopo la morte della tua fedele domestica, la tua esitazione a prenderne una nuova?

Ti ho invitata a rimanere sola dicendoti: “Mi amerai sino a questo punto?”. Non è vero che non

rimpiangi nulla? Insieme abbiamo varcato gli anni, le sere dagli istanti solitari.

Tu hai cercato di avvicinarti di più a Dio e io ti ho aiutata, perché tu potessi unire le tue solitudini alle

mie. Hai saputo del mio deserto? dei quaranta giorni? delle notti in cui mi allontanavo per pregare

davanti al Padre mio… E nella folla? La grande solitudine dell’incomprensione, dell’ostilità, dell’odio,

dell’amicizia respinta… Tutto ciò per voi, per te.

E più tardi, la solitudine dell’Orto degli Ulivi, la solitudine delle chiese, la solitudine della mia

Eucaristia, per i cuori che mi dimenticano dopo la Comunione…

Oh! che il pensiero caldo e fedele dei miei amici venga incessantemente a consolarmi!

E io, io li consolerò quando loro si addormenteranno per andarsene da questa vita.

Strana cosa, non è vero?, che una creatura possa consolare il suo Dio! Eppure, è così.

Il mio amore inverte i ruoli, come una nuova maniera per darmi una tenera protezione, talmente ho

bisogno di tutti i vostri modi di amare, di tutte le vostre forme di tenerezza.

Chi potrà concepire gli ardori del mio fuoco? Perdonami di dire tanto di me, oggi…

Tu capisci, devo alleggerire il mio cuore, affinché si sappia, si conosca un po’ meglio questo Amico

sconosciuto così vicino! Così vicino a voi… Se sapeste… miei poveri figliolini!».


21 settembre 1940 –


«Offrire un sacrificio, non significa non sentire più la sofferenza che, al contrario, torna molte volte ad

agitare le sue acque amare. Ma significa tornare nuovamente a me ad ogni flusso dello sconforto, con

spirito d’olocausto; e ogni volta, un arcobaleno di grazie illuminerà la terra.

Molte cose sono invisibili per voi! Ma fanno sì che dai vostri atti emani come un’aureola benefica…

Sai come il male ama espandersi e guadagnare terreno?

Perché io non dovrei dare al Bene le ali benedette della soavità che conquista?

Chi arresterà la marcia del Bene da anima ad anima, fino alla fine del mondo?

Conoscerai mai i frutti dell’una o dell’altra di queste tue righe? Sì, chiedimi che tutti vi attingano gioia,

luce e consolazione. Posso rifiutarmi di accordarti qualcosa?».


Ora santa.


«Vedi come l’azione del sole è importante nelle cose della terra. Le anime comprenderanno che Dio è il

loro Sole vitale, il grande Incantatore della durata dei loro giorni? L’unico Scopo della loro esistenza?

Ricordati questa preghiera: “Signore, liberami dalla preoccupazione delle sciocchezze”. Tutto è poco,

eccetto Dio. Ogni giorno dovete aumentare la sua vita in voi.

Nell’altra vita, vi chiederete: “Come ho potuto restare un solo istante senza amarlo?!”.

Per darvene il merito, ho voluto che mi cercaste nell’oscurità, che mi trovaste nella penombra.

La chiarezza ineffabile sarà per dopo.

Non ho io stesso attraversato ore tenebrose quando la mia Divinità sembrava allontanarsi dalla mia

Umanità? Ah! come ho ben fraternizzato… sposando tutte le vostre debolezze, miei poveri figli! Sono

stato veramente un “Uomo” tra gli uomini.

E anche prima della mia Passione, sapevo cos’era la sofferenza. L’amavo, per amor vostro. Amatela per

amor mio. La trasformerò in conversione per altri, in gloria per voi,

poiché tutto si ritrova Lassù, sul mio Cuore.

Dunque, prendete coraggio a soffrire, figliolini miei.

Vi sono delle anime che non possono più fare a meno di soffrire, tanto hanno sperimentato che questo

le avvicina a me.

Benché io vi ami tutti senza sosta, con che amore speciale considero quelli che soffrono tra i miei figli!

Il mio sguardo è più tenero, più affettuoso di quello di una madre, certamente! Non sono io che ho

fatto il cuore di una madre?

Volgete dunque a me i vostri occhi desolati! Esponetemi la vostra pena, cari piccoli che siete già nel mio

Cuore e vi credete così lontani… così lontani!

Cercate di trovarmi ogni giorno in voi stessi

e là, come dei piccolini, datemi i segni di tenerezza che dareste a una madre, a un padre amato.

Quanto sarete felici quando ne avrete presa l’abitudine. Come diventerà dolce la vostra vita!

E io vi benedirò perché avrete finalmente risposto al mio appello…

L’appello di colui che stava in piedi alla porta, ascoltando se il rumore di casa era a suo favore;

e se egli sta “in piedi” è perché sa che si può scacciarlo…

Talvolta, non si vuole neanche che Lui aspetti, gli si dice: “Non entrerete mai da me!”, come se Lui fosse

un malfattore, Lui che è morto d’amore per loro…

Ma quando gli si dice: “Entrate!” e quando si aggiunge: “Restate! Vivete con noi!”, questo povero

solitario prova allora quella gioia che Egli chiama “le delizie dei figli degli uomini”.

Questo voi non lo sapete, ma Dio lo sa, e conoscerete più tardi la somma delle delizie che avete

procurato al vostro Salvatore.

E queste anime che conversano di continuo con me nel loro intimo, quanta allegrezza non mi danno?

Tu non sai che cos’è, figliolina mia, nella solitudine a cui tanti mi abbandonano, sentire che in un cuore

si è il grande Amico, il preferito, l’unico atteso!».


Visita. Dicevo: “Signore, vi amo”.


«Ripetimelo, in modo da farmelo risuonare di nuovo all’orecchio. Fallo vibrare più a lungo, come una

musica. Io non mi stancherò di ascoltarlo. Dimmi, perché mi ami?

Com’è cominciato questo amore? E cos’è che vuoi fare per Lui?… Sì, io so tutto questo… ma ascoltarlo

da te, è una gioia preziosa e come un racconto nuovo».


Dopo il pasto. Siccome faceva caldo, mi ero sdraiata.


«Riposati con i miei momenti di riposo.

Se tu non ti unissi a me, sarebbe meglio per te lavorare a spaccare pietre sulla pista del Sahara

se là la fatica ti unisse maggiormente a me.

Come ti dico spesso, qualunque sia l’azione, l’unico suo valore è l’unione d’amore che vi si apporta».

1941


5 giugno 1941 –


«Talvolta, una piccola serva viene introdotta nel palazzo del Re, se questo Re ha bisogno dei suoi servizi.

Non è felice, lei, di ammirare allora tutte le ricchezze racchiuse nel palazzo?».


“Signore, essa è soprattutto felice di essere più vicina al re e di avere l’occasione d’incontrarlo”.


«Credi tu che il re si sottrarrà a questa segreta speranza? Egli moltiplicherà le occasioni di incontrarla,

tanto che, dopo averlo appena intravisto da lontano, dopo aver sentito di sfuggita il suono della sua

voce, la piccola serva sarà invitata via via, fino a sedersi alla sua tavola e a conoscere l’intimità delle

serate, poiché il re l’ha guardata con tanto amore

da mandare il suo unico Figlio a morire per salvarla».


“Signore, come potrà la piccola serva esprimere la sua riconoscenza per tanti favori?”.


«Essa vivrà d’amore, del suo povero piccolo amore che raccomanderà ogni giorno allo Spirito perché lo

accresca.

Non si stupirà delle sue rinnovate colpe, che offrirà con fiducia al Figlio unico che l’ha salvata.

Resterà sempre piccola, poiché Dio è abbastanza grande per raggiungerla. E morirà, non perché si deve

morire, ma perché lei vuole morire per il suo Re, studiarsi di morire senza rimpianti, perché freme dal

desiderio di vedere il suo Amore, il suo Fine, il suo Tutto.

C’è ben ragione di farla emozionare…


Ed essa, la piccola serva, rammenta che Lui, il Figlio unico, è morto; anche per lei. Allora, essa morirà in

Lui».

3 luglio 1941 –


«Sillaba l’alfabeto d’amore alla tua morte, già da ora.

I tuoi ultimi respiri, sono il tuo

Consummatum est.


Dimmeli già da adesso: che non ci sia nulla di improvvisato in questa bella cosa importante che è la

morte.


26 luglio 1941 – In giardino, gli dicevo: “Passeggiamo nel


tuo viale dei tigli”. Poi, riprendendomi: “Il nostro


viale dei tigli”. E Lui:


«Cosa farei di questo viale senza di te? Comprendi la mia sete di unione?».


30 luglio 1941 –


«Hai qualcosa da raccontarmi stasera? Ti hanno chiesto qual è la tua missione?».


“Signore, sono troppo piccola per avere una


missione.


«Le fanciulline possono avere delle

commissioni da fare: mostra che bisogna parlare con me, che non


bisogna lasciarmi solo nei vostri cuori.

Marta, Maria e Lazzaro mi stavano vicini nel loro palazzo, si occupavano di me.

Non credi che io li abbia bene accolti nel mio Palazzo celeste?».


15 agosto 1941 – Dopo la processione. Chiesa vuota.


«Io sono come il padrone di casa che guarda i suoi saloni quando tutti gli invitati se ne sono andati.

Questi invitati saranno fedeli? Hanno capito la festa? Saranno riconoscenti, o si burleranno del loro

ospite? Eppure, il padrone di casa ha messo tutte le sue ricchezze a loro disposizione…

Tu, che sei venuta a me così presto, entra nelle mie stanze intime; quelle stanze in cui si lascia che venga

la sera, e poi la notte, senza accorgersi che le ore sono scivolate, tanto il Cuore ha ascoltato l’altro cuore

e ha ricevuto le parole come luci…

Così si giunge al mattino in cui la vita riprende come in un amore nuovo.

In questo modo, il padrone di casa sarà consolato della malvagità di certi ospiti che erano apparsi alla

festa dell’amicizia come delle comparse…


Oh! Le feste della mia Chiesa… sulla terra… in cielo!...».

20 agosto 1941 – Lui, da una croce:


«Siccome i miei piedi sono immobilizzati e forati, io non posso più andare a cercare i peccatori!

Siccome le mie braccia sono tenute distese, io non posso più stringerli al mio petto…

Ma il mio Cuore è aperto: che entrino e vi rimangano.

Di’ loro che la mia croce è conficcata profondamente per attenderli tutti attraverso i secoli.

O miei poveri peccatori, che amo!...».


28 agosto 1941 –


«Lo zelo? Non è affannarsi per fare molte cose. È mettere il proprio cuore, tutto pieno d’amore,

nell’azione presente. Augurami che mi venga del bene dalle mie creature,

augurami che oggi molte anime escano dal Purgatorio. Unisciti alla loro gioia di vedermi,

e alla mia gioia di vederle felici. Sali… Sali spesso al cielo».


14 settembre 1941 – Festa Patronale. Nella chiesa vuota. La decorazione di fiori naturali era incantevole:

“Sono contenta che il tuo altare sia così leggiadro!”. Lui:


«Quando era circondato di anime pie, come stamani, era ancora più bello. Non puoi sapere. Non

conosci la magnificenza di un’anima... è il soffio, lo spirito di Dio.


Non vi è nulla della materia, nemmeno di quella di un fiore. L’anima è spirito. E questa bellezza dell’anima

cresce a seconda delle vostre cure.

Uno sforzo, un desiderio, un atto d’amore, un atto di pazienza o di devozione o di rimpianto che ti pare

nulla, le dà istantaneamente un aspetto più meraviglioso.


Come una luce cui si aggiungesse un’altra luce, poi un’altra ancora.

Via via che le virtù aumentano, aumentano i meriti.

Voi dite che i vostri corpi cambiano ogni sette anni. Cosa direste della metamorfosi delle vostre anime,

fedeli alla Grazia? Ah! se ogni giorno si desse all’anima la stessa cura che si dà al proprio corpo! Eppure,

voi sapete che questo non è che un involucro di fango…».

“Signore, le anime dei miei familiari che non siano nella tua Grazia… Abbine pietà!”.

«Mettile spesso nella mia anima, in quella di mia Madre. Se il mio corpo, solo al toccarli, guariva i

corpi, non credi che anche la mia Anima abbia i suoi lati vincenti?

E i peccatori, non sono incessantemente nel mio pensiero? Se sono incatenato dalla mia giustizia,

rompi le mie catene con una preghiera, con un sacrificio, con un gesto grazioso. Mi credi insensibile ad

un gesto di grazia della mia figliolina? Io, il più tenero, il più compassionevole?

Oh! miei cari ladri di grazie! Come sono pronto a ringraziarvi delle vostre audacie… Come mi auguro

che mi derubiate ancora…

Molti credono che io sia il malvagio che ha solo desideri di vendetta. Io sono qui, con le braccia e il

Cuore aperti! Oh! miei cari peccatori, così attesi...».


11 ottobre 1941 —


«Hai notato? Perfino la sala in cui realizzavo il mio voto più caro, la mia Eucaristia, perfino quella sala

non era mia. Mi fu prestata: “Il maestro ne ha bisogno”. Ho dato persino la mia tunica tessuta da mia

madre. Renditi conto della mia povertà».

«Non credi che quando mi offri tutto sanguinante al Padre, con te, qualcosa avviene in cielo e in terra?

A cosa sarebbero serviti i miei dolori? E che ne fai della bontà del Padre?


Ogni preghiera ha una sua risonanza che tu non intendi. Chiedi. Chiedi…».

Durante la messa solenne.


«Quando un tuo amico del cuore è presente a una festa, tu godi quasi doppiamente di questa festa,

perché pensi: “Lui ode questa musica. Lui vede queste bellezze”. Pensa che il tuo grande Amico è qui,

sempre con te, e partecipa alla tua vita. Dividi tutto con Lui. Questo raddoppierà la tua gioia di vivere.

Ad ogni momento puoi pensare: “Il mio amico può venirmi a cercare, se lo desidera”.

E la tua anima si preparerà al bacio dell’Incontro.

O dolce incontro!…

Il velo leggero si romperà e saremo uniti, per l’eternità. Senti la mia fretta!».


Festa di Ognissanti 1941


Durante la messa solenne.


«I posti lasciati dagli angeli ribelli non sono ancora esauriti in cielo! Tutti, voi siete tutti chiamati,

ciascuno per nome. Oh! figli miei, che disgrazia se non rispondete…

Se un uomo ricco, proprietario di un grande castello in cima alla montagna, avesse invitato gli abitanti

della valle ad andare ad abitare con lui, e questi abitanti, temendo la fatica della salita, non volessero

darsi almeno la pena di tentare: non credi che il ricco, consapevole delle splendide gioie del suo castello,

proverà un vivo dispiacere per la negligenza degli invitati?

Aiutami a farli salire

tutti! E chiedi a quelli che sono già arrivati, di aiutarci».


Svegliandomi, Lui:


«Il tuo giorno: una vita. Al risveglio è la tua nascita.

La messa, la tua prima Comunione. La giornata, come la vita: dispiaceri e gioie. Tutto offerto a me, in

me. E io ti porterò sul mio Cuore pieno d’amore. Preparati al sonno come alla morte:


nell’amore, per la mia gloria; e domani avrai nuovamente la vita sul mio Cuore che è attento a ognuno dei

tuoi passi, figliolina mia».

13 novembre 1941 – La sera.


«Chi potrebbe impedirti di restare al mio fianco durante la mia agonia? Chi, se non tu stessa? Sei libera.

Vuoi darmela, questa libertà? Dimmi: “Non ho più libertà perché te l’ho donata”.


“Sì, mio Signore. Non hai tutte le chiavi di casa mia?”.


«Amo sentirtelo dire. Non avere paura di ripeterlo.

Vedi, se t’incateni con l’amore, non sentirai il freddo delle catene. L’amore rende tutto facile.

Vai dunque con gioia verso ciò che ti costa di più, poiché l’amore ti porterà.

È tempo che ci uniamo più strettamente: è già la sera della vita.

Che non manchi nulla ai preparativi della festa.

E se ci amiamo, perché non unirci? Ma tutto deve essere fatto nell’esultanza, che è una prova d’amore.

Con quale gioia interiore ho abbracciato la mia croce quando me la portarono.

La mia croce!…Da tanto tempo la desideravo…


Per voi e per ubbidire a mio Padre: era la vostra salvezza. Salvare il mondo! Sai che cosa ha significato per

me? Oh! ringrazia, bambina mia.


Credi che molti abbiano pensato a ringraziarmi? Eppure, tutto fu completato nella corona dei dolori.

Loro non ci pensano. Non ci credono.

Tu che sei qui, stasera, nella nostra solitudine, dimmi, per consolarmi degli altri le parole più delicate

del tuo cuore. Sarà come un’esalazione di profumo. E dimenticherò gli ingrati, ascoltandoti… Voi avete

su di me dei poteri che vi stupirebbero, se li conosceste. Miei cari piccoli… Quanto vi amo!…».


28 novembre 1941 – Mentre mi preparavo all’Ora santa.


«Prima del tuo colloquio con me, fatti presentare da mia Madre, da San Giuseppe e dai tuoi angeli,

come da una corte che mi onorerà e colmerà le tue mancanze.

Un fanciullo non entra da solo nel salone: alcuni adulti lo attorniano e parlano per lui.

E io, io chiedo che lo si lasci venire a me. Tutte le anime sono i miei fanciulli. Credi che li sgridi? No, li

accarezzo sempre per accrescere la loro fiducia (tu lo sai, tu che sei colma della mia dolcezza).

L’amo tanto, questa confidenza dei miei bambini, e il loro sguardo diretto.

Oh! Riponi in me tutto quello che è tuo, i tuoi desideri, anche i più irrealizzabili. Fra le mie mani, tutto

è semplice. Ho chiesto la tua fiducia fino al miracolo.


Allora comincerò a essere soddisfatto. Avresti mai pensato che ti avrei salvata fino al punto di subire una

atroce Passione e una morte ignominiosa?


Avresti mai pensato che avrei inventato un Sacramento come l’Eucaristia? Per vivere fra voi e nutrirvi?

Avresti mai pensato al perdono delle colpe più grandi dopo una semplice confessione e il pentimento?

Questo supera la tua concezione della bontà.

E ora, non posso fare grandi cose per voi? Il mio potere è forse diminuito?

Oh! che ogni anima si avvicini, mi esponga i suoi bisogni, mi mostri tutte le sue debolezze e desideri

ardentemente da me la sua guarigione. Chiedi l’amore. Chiedi la santità.

Ricorda quei due apostoli che hanno osato chiedermi di sedersi uno alla mia destra, l’altro alla mia

sinistra nel mio Regno: che cosa non si aspettavano da me!

Anche tu, attendi

tutto da me.


Sarà una prova del tuo amore, essa ornerà il mio cuore. Chiedi la santità. Chiedimela ogni giorno.

Mettici tutte le tue cure: siate santi, come mio Padre ed io siamo santi. Entra in me e io ti porterò. Da

sola cosa potresti fare, mia povera bambina!… Ma tu hai il mio amore. Prendilo.

Facendo un tutt’uno con Me, la tua forza è sovrumana. Sei pronta ad amarmi? Sei pronta a sperare?».


Natale 1941 – Nella cattedrale.


«Poiché sono sceso fra voi, quale non è la mia immensa potenza, messa al vostro servizio dall’amore?

Non dubitare che io possa portare il tuo lavoro di

trasmissione sino ai confini del mondo. Chiedi anche


che venga il mio Regno! Chiedi!».

1942


2 gennaio 1942 – Durante la messa.


«Mantieni la tua veste senza macchie. Voglio dire, macchie volontarie.

Se tu passeggiassi in campagna, e uno spino o dell’erba verde macchiasse la tua gonna bianca, sarebbe

poca cosa. Ma se tu vi avessi fatto dei buchi con delle forbici, o dei disegni grossolani con l’inchiostro,

che negligenza… che disprezzo del bello!…

Fare questo sull’anima è più grave, perché essa è la mia immagine».


27 gennaio 1942 –


«Ricordati che mi hai promesso di essere più santa oggi di ieri. Sarà il tuo motto quotidiano».


12 febbraio 1942 –


«Quando preghi, guardami. Entra nel mio pensiero eterno, altrimenti sei portata via dalla distrazione.

Ricordati: voi siete tutti solidali.

Un’azione fatta bene aumenta il tesoro della Chiesa.

Ah! Figliolina mia, non lasciar passare nessuna occasione di arricchire te stessa e gli altri.

Studia bene il modello della mia vita, come facevi nei tuoi quaderni di bambina,

e non stancarti di scrivere sulle pagine che restano prima della fine della tua vita,

più per farmi piacere che per la ricompensa.

E io, che sono sempre qui a guardarti, coglierò con amore questo tuo desiderio di piacermi.

Non preoccuparti più di te. Tutta trasferita in me, pensa a me. Da qui, irradia su tutti. Non sarai più tu,

sarò io».


“Signore, io prometto, io desidero, ma in realtà… che cosa faccio?”.


«La mia Misericordia è felice di accettare le promesse e i desideri che, a poco a poco, divengono atti:

promesse e desideri sono atti in germoglio.

Non scoraggiarti mai. Pensa spesso che io sono presente. Posso essere presente e non aiutarti?

La creatura non è infinitamente cara al Creatore?

Se tu sapessi... Tendi spesso l’orecchio verso di me: intenderai.

Giovanni, appoggiato al mio Cuore, ne intese i segreti. Se non avesse avuto questo gesto di tenerezza,

avrebbe inteso? Io sono come il timido: mi ci vuole il vostro primo passo».


1° marzo 1942 – Dopo la Comunione.


«No, non c’è nessuna occupazione che impedisca di pregare.

Io, non recitavo forse i Salmi, coperto di colpi e di piaghe, trascinandomi sul cammino del Calvario, in

mezzo alla folla urlante? E sulla Croce? La mia povera Croce…

E tu, troveresti difficile pregare nelle tue piccole, comode occupazioni? Oh! unisciti a me».


24 marzo 1942 —


«Far piacere è fare il bene. Non lesinarlo a nessuno, soprattutto a coloro che ti avessero fatto del male. E

per unirti a me, di’: “Prego con la tua preghiera. Lavoro con te che lavori. Parlo con la tua parola”.

Mettici tutta la tua tenerezza, figliolina mia».


7 giugno 1942 – Durante la messa.


«Lascia le tue piccole distrazioni abituali. Sprofondati in me.

Cosa aspetti per far meglio, per rispondere meglio?

Hai notato il canto degli uccelli? Nella stagione dei nidi, non hanno la stessa voce.

E il tuo grido d’amore, forse che non cambierà quando la Grazia cresce in te? Non troverai accenti più

penetranti? più commoventi? Dimmelo. Provamelo.

20 giugno

1942 – A Le-Fresne. Salivo la vecchia scala e offrivo ogni scalino: “Signore, come puoi


gradire simili inezie?”.

«Quelle che voi chiamate “inezie”, hanno però impiegato la vostra intelligenza, per servirmi, la vostra

memoria e la vostra volontà. È qui il vostro essere.

Dovunque voi impiegate per me il vostro essere, io lo prendo. Capisci?».


28 luglio 1942 —


«Io sono qui lo stesso Cristo che è in Cielo. Cerca di essere anche tu la stessa di domani».


19 agosto 1942 —


«Per aiutarti a sbarazzarti di un difetto, pensa che mi dispiace di vederlo nella tua anima.

Cerca di compiacermi in ogni circostanza, come una sposa che cura sempre il suo abito o mette un

abito nuovo per fare una sorpresa al suo unico amore.

Io sono sensibile a una delicatezza più che il più sensibile degli esseri umani. E non credere di perdere il

tuo tempo se ti ingegni ad incantarmi.

E se gareggiassimo in delicatezza? L’angelo e Giacobbe. Credi pure che sono io a fornire le armi.

Oh! figliolini miei, come vi amo… Acconsentite a essere amati.

Lavorate a credere. Lasciatevi fare… È già molto.

Tanti impegnano tutte le loro forze a sbarazzarsi di me… Trovano pretesti per attribuire al caso i favori

che faccio loro. Non sarebbe più dolce ringraziarmi, ringraziare me, l’Amore? Poiché tutto viene da me.

Tutto viene dall’amore e dalla tenerezza. Sappiate vedere in me il Dio, ma anche l’Uomo.

Avvicinatevi di più. Che cosa vi fa paura in me?

Si ha paura di un piccolissimo bambino in una mangiatoia?

Si ha paura di un uomo disteso a terra, che offre ai chiodi i suoi piedi e le sue mani?…».


16 dicembre 1942 —


«Vedi me negli avvenimenti. Io sono il Direttore, tu amerai tutto in questa direzione.

Mi tenderai le braccia nei fatti dei tuoi giorni.

Ci avviciniamo all’Incontro.

Cominciamo a tenderci le braccia da una riva all’altra. Rive del tempo, rive di eternità.

Dimmi che passerai volentieri da una sponda all’altra, con il cuore che balza di gioia e di desiderio,

come l’agnello della vallata.

Dimmi che ormai i tuoi giorni passeranno facendo preparativi, come ripetizioni d'amore

al tuo Maestro, al tuo Grande, al tuo più Caro».

1943


1° gennaio 1943 – La sera, nella mia camera.


«La parola d’ordine per il 1943? “Nei nostri cuori”. Tu sarai nel mio, e io sarò nel tuo».


14 gennaio 1943 –


«Aiutami a salvare i peccatori. Ce ne sono tanti… Non fu questo il mio più grande dolore nel

Getsemani? Li vedevo tutti insieme. Prendevo le loro colpe come mie, che onta!… Agonizzavo per loro.

Morivo per loro. Quanta sete ho! Che lo sappiano.

Sappiano che io sono tutto perdono, che chiedo loro di essere, a loro volta, perdono e misericordia verso

i fratelli; che la loro vita deve essere ormai devozione e penitenza; che vi troveranno gioie maggiori dei

piaceri che trovavano nel loro traviamento.

Ah! se sapessero che cosa significa essere nel mio Amore… Non lo sai, tu? Che cosa può colpirti?

Tu sei nel mio cuore. Restaci sempre. Dove andresti per stare meglio, dove?

E io, io sono come quel padre che tiene stretto il suo piccino per timore che scappi dietro ad una

sciocchezza. Trovo sempre le mie delizie tra i figli degli uomini.

Tu puoi dirmi parole ancora più dolci nella nostra solitudine, a due. Tu puoi guardarmi più spesso, se

veramente sei sicura della mia presenza.

Con il tuo sguardo, avrò il tuo sorriso».


18 febbraio 1943 – Mentre entravo in chiesa.


«Ti aspettavo. Mettiti ai miei piedi, silenziosa. Dico “silenziosa” perché ogni pensiero e ogni ricordo

delle cose terrene si taccia. Ti voglio tutta per me. Lo vuoi anche tu? Io non prendo nulla con la forza.

Tante volte, aspetto…

Ti ricordi di quel povero pazzo che ogni giorno andava sulla strada incontro a sua figlia, morta da un

pezzo? Io aspetto i miei figli.

Alcuni sono morti da tempo alla vita della Grazia… Prega perché mi diano la gioia di credere

finalmente alla mia misericordiosa tenerezza.

Altri vivono della vita del Padre, ma sono distratti dalle preoccupazioni e dall’ansia di guadagnare

denaro. I miei più intimi, quelli che mi hanno capito meglio, quelli che sono divorati dallo zelo della

mia casa, quelli che desiderano essermi i più cari

come Giovanni e Lazzaro e Maddalena, costoro sì, bevono alla sorgente di

un’acqua che non si esaurisce mai.

Non trovi che sono sempre nuove le parole dalla mia bocca al tuo orecchio? Non vi trovi una forza che

ti stupisce?».


Giovedì Santo 1943 –


«La festa del mio Cuore è l’Istituzione di questo sacramento in mezzo ai miei Apostoli verso i quali mi

chinavo in modo inesprimibile. Entravo in loro, in ognuno di loro, nella loro intimità.

E mi spandevo in loro in modo così soave che molti versarono lacrime.

Una crudeltà in questa felicità: la presenza del traditore. Avevo tanto amato Giuda… Che dolore, figlia

mia!

Immagina che, avendo scelto un’amica, tu vedessi che ti vende a vile prezzo ai tuoi nemici e sotto le

apparenze dell’affetto… Giuda, se tu desideri trenta denari, perché non vai a chiederli a mia Madre?

Lei, venderebbe piuttosto se stessa per risparmiarmi la morte…

Ho ricevuto il bacio di lui sulla mia guancia… Avevo già tanto sofferto quando lo avevo visto avanzare

nel giardino del Getsemani…».


“Signore, posso invitarvi a restare nei miei bei giardini per consolarvi?”.


«Sei tu, l’anima del giardino. I miei fiori, sono i pensieri della tua anima. E se sento il tuo zelo per i

peccatori, dimentico le angosce degli Ulivi.

Se tu mi dai l’amore del tuo cuore, dimentico l’odio, la cupidigia di Giuda.

Se nel tuo spirito hai compassione della mia miseria di verme, dei miei patimenti di lebbroso, delle mie

infamie di flagellato, della mia vergogna di condannato, dei miei supplizi di crocifisso,

allora tutto si allontana da me e io mi dono a te che mi chiami.

Prendi un linguaggio nuovo e forte, questa sera del Giovedì Santo, per testimoniarmi la tua

riconoscenza amorosa. Tante Ostie ricevute… Il più felice dei due sono io».


23 maggio 1943 – Dopo la Comunione.


«Capisci? Tu lo sai, non hai spesso l’occasione di buttarti in acqua per salvare qualcuno. È nelle piccole

circostanze che devi dedicarti al prossimo per l’amore mio.

Un piccolo gesto. Dell’affetto. E del fascino. È l’intenzione che guardo in te. L’intenzione, capisci? Sarò

indulgente, se il risultato non è perfetto».


26 agosto 1943 –


«Io ti ho dato tutto ciò che possiedi. Non sono forse capace di raddoppiare ancora i miei doni?

Sono diventato meno ricco? Oppure ho perso dell’amore?

Posso santificarti in un istante. Ma amo il tuo lungo e paziente lavoro che ti mantiene nell’umiltà.

Acquisisci l’umiltà amorosa. Ti eleverà. Lo scoraggiamento non ha mai elevato un’anima. Cammina,

cammina! Io camminavo sulla via del Calvario e, nonostante tanta sofferenza, sono arrivato. Guardami.

Avrai un coraggio nuovo. E fammi l’onore di chiamarmi in tuo soccorso».


16 settembre 1943 –


«Dimmi spesso: “Mio Creatore, compi le tue volontà su di me. Desidero una sola cosa, che venga il tuo

Regno in me come in cielo”. E m’impadronirò di te con più avidità di un uccello da preda. Sai cos’è una

fiamma che divora? Lasciati prendere in corsa.

Invece di fuggire, gettati nelle mie braccia e perdi la direzione di te stessa.

Io ti amerò cieca, che ti lasci guidare. Le mie spalle non sono ancora abbastanza cariche, reclamano altri

pesi. Prendi il tuo posto: io sono il Buon Pastore.

Dimmi il nome delle anime che vorresti portarmi… Per te, le chiamerò con insistenza. Non temere di

portarmene troppe. Ne aspetto di più. Quanto a te, apri bene il tuo cuore.

Io entro e non me ne vado più. A meno che tu non ti stanchi dell’Amico che è morto per salvarti…

Se tu mi scacciassi, resterei ancora davanti alla tua porta».

1944


19 aprile 1944 –


«La grazia di oggi: la mia Presenza. Vivi ormai nel pensiero che il tuo più caro amico è qui. La tua

influenza sarà decuplicata: un’anima si accende ad un’altra anima come un cero ad un altro cero».


25 maggio 1944 – In chiesa.


«La vita dell’Aldilà non si può forse preparare con atti di adorazione e di lode?

Ah! se fosse una catena ininterrotta dalla tua nascita sulla terra alla tua nascita nel cielo!

Prepara il cielo come si prepara una festa.

Sai le ghirlande? Saranno le buone azioni di ogni giorno infilate dalle ore profumate d’amore.

Sai le luci? Sono i fuochi della tua tenerezza…

Vorrei vederti fare la guerra anche ad un solo pensiero di egoismo. L’egoismo significa fare di sé un dio.

Io, che ero Dio, non ho pensato che a mio Padre e a voi. Mai a me. Comprendi il distacco da se stessi,

per amore degli altri? Per amore del mondo intero?

Non ne varrebbe la pena? È così che saresti corredentrice: unendoti al tuo Sposo».


1° settembre 1944 – “Signore, dopo essersi uccisi l’un l’altro per tanto tempo, in guerra, gli uomini non

avranno un periodo di amore e di carità?”.


«Sarebbe il Regno di Dio. Chiedi più spesso: “Venga il tuo Regno!”.

L’ora del Regno del Padre può essere anticipata, se i suoi figli glielo chiedono con suppliche; così come

la nascita del Cristo fu anticipata dai sospiri, dai desideri della Vergine di Nazareth.

Oh! prega, lavora, fa’ ogni cosa perché il bel Regno venga. Ho messo questa richiesta nel

Pater. Ed è


perché possa venire esaudita. Fatti coraggio perché ti aiuto; ravviva i tuoi desideri.

I desideri sono preghiere, sono frecce rapide. Mira bene al cuore e che il colpo sia forte!».


2 novembre 1944 – Nella mia solitudine, gli dicevo: “Amore mio! E se entrassimo insieme nella nostra stanza

da lavoro, per preparare il tuo Regno?”.


«Figlia mia, il tuo desiderio del mio Regno lo rende già più vicino. È una piccola luce nella notte dei

tempi attuali. È una pressione sulle forze del mio cuore.

Immagina una creatura talmente povera da non aver potuto trovare di che estinguere la sua sete ardente:

quando sulle sue labbra cadono alcune gocce d’acqua, non credi che darà un gran valore a quel sollievo?

Allo stesso modo, un desiderio ardente d’amore offre alla mia Misericordia quasi un pretesto per

esaudirlo. E tu sai che do sempre più di quello che mi si chiede, come un ricco che desideri vedere gli

altri ricordare le sue generosità e usi questo mezzo, perché si pensi a lui. Chi più di me cerca di avere il

vostro ricordo?

Tu senti dire da certi amici nel mondo: “Non vi dimentico”, oppure: “Pensate a me”. E non sono che

amici terreni. Come mai il vostro grande Amico, Colui che è il vostro Tutto, il Principio e la Fine, non

riceve queste piccole parole affettuose che gli dimostrano la calda attenzione dei vostri cuori? Vedi: io

sono ancora una volta il Fratello questuante».


“E io scrivo le vostre adorabili richieste, unendomi a voi mentre scrivo. Il Vangelo dice che avete scritto sulla

sabbia…”.


«Ora scrivo per mezzo tuo, non sulla sabbia ma nel fondo delle anime.

Scrivo con la gioia e la luce».


23 novembre 1944 – Ora santa. “Padre diletto, non voglio fare che la tua Volontà e fare tutto per la tua

Volontà, ma più spesso è la mia volontà che faccio. E vivo per me”.


«Non si arriva subito a staccarsi del tutto da sé.

Uno sguardo verso di me ti basta per purificare la tua intenzione. Sai, uno dei tuoi sguardi sorridenti…

Dunque, non dimenticare di guardarmi nelle tue giornate, nelle tue notti. Non stancartene. Come

potresti stancarti di un Amico così tenero?

Nelle tue tentazioni contro la Fede, rivolgi a Lui una delle tue dolci parole, la tentazione se ne andrà.

Non hai modo di allontanarti da me, capisci. Sei troppo povera di forze; mentre, avvicinandoti il più

possibile al tuo grande Amico in un dolce e abituale raccoglimento, ti assicuri un soccorso più caldo e

immediato. Ah! perché dubiti? Come puoi dubitare?

Io sono come un maestro che insegna dietro le quinte, per nascondere il grande amore che ha per i suoi

allievi. Sono come un corridore che evita la “volata” affinché l’inseguimento degli altri sia più lungo ed

eccitante. Non cerco forse tutti i mezzi per aumentare i vostri meriti, miei cari figliolini che amo?…

Ah! non temete nulla da me.

Abbiate paura di aver paura e, molto semplicemente, abitate nel mio Cuore».


29 novembre 1944 –


«Pensa a me quando parli agli altri, così che, lasciando te stessa, tu trovi un miglior

balsamo da dare


come un profumo che si espande e ignora di profumare».


7 dicembre 1944 –


«Non aver paura di entrare… La porta è aperta: tu mi dici la tua parola tenera, semplice, tu mi guardi,

tu mi sorridi e tu torni alle tue occupazioni… sapendo di portarmi dovunque tu vai, pronta ad offrirmi

nel cammino qualche sacrificio di cui sarò fiero come di un regalo che fosse costato molto denaro! Pensa

più spesso al cielo!

Tutta l’arte che ti incanta sulla terra che cos’è, in confronto all’Aldilà?… Come vi ci attendo tutti!…

Ho preparato così bene la festa… Il tuo posto ti aspetta…

Senti la mia impazienza di ricevere i commensali, di godere della loro sorpresa e del loro

entusiasmo.Sono io, il Cristo, che ho già pagato tutto.

L’ho pagata cara questa vostra felicità… Eppure mi sembra che siate voi a offrirmela, tanto la vostra

gioia fa la mia gioia, poveri piccoli figliolini, davvero miei!…».


21 dicembre 1944 – In treno pensavo: “Tante volte ho scritto le sue parole! Basterà o devo continuare?”.


«Sei stanca di me? Mi costringeresti a non poterti più parlare? La mia consolazione non è forse quella di

espandermi incessantemente nei vostri cuori? Io dico “incessantemente”, tanto è grande il mio bisogno

di tenermi vivo nei vostri pensieri. Io in voi. Figlia mia, sono queste le mie delizie.

Raccontatemi tutto, povere pecorelle che il Pastore è andato a cercare così lontano da lasciar colare il

suo sangue goccia a goccia fino all’ultima! E quando ciò è terminato sulla terra, ha trovato il modo di

restare vicino a loro fino alla fine del mondo.

Prega per coloro che hanno paura.

Come si può aver paura? Si può aver paura di un Pastore così buono? Perfino gli agnellini più piccoli

salgono sulle sue ginocchia e si riposano. Ed è questa la gioia del Pastore. Oh! Povero… povero Pastore

di oggi… che vede il disordine, l’odio e il ladro che porta via le pecore. Da tanto tempo è cominciata la

lotta fra Satana e il Figlio dell’Uomo…

Tu, che desideri il mio Regno, prega.

Offri al Padre da parte mia il mazzo dei piccoli sacrifici pieni di gioia, con tutti i colori dell’amore:

sacrifici pazienti, sacrifici duri; quelli umilissimi e così amabili dell’umilissima carità: capisci? quando

doni, sii nella disposizione di ringraziare chi ti dà l’occasione di fare l’elemosina a Gesù Cristo. Sacrifici

di orgoglio: considera te stessa come l’ultima fra tutti, unendoti così ai sentimenti di mia Madre. Lo

vuoi? Oh! il bel mazzo, che porrò sul mio Cuore con orgoglio: il mazzo della mia figliolina!».

1945


18 gennaio 1945 – Ora santa. “Tutte le briciole del mio tempo sono tue. Fino a quelle che saranno le ultime

della mia vita. Anche se non avessi la forza di offrirtele…”.


«Io so quel che mi appartiene nei cuori. Lo hai notato? Chi ha poco, conosce bene quel che ha…

E io, se guardo il numero dei viventi, constato che la mia è una parte molto piccola. Per questo, ho

bisogno di quelli che mi consolano con la loro intima confidenza, quelli che si sono detti: “Tutto il mio

essere è suo” e lo vivono. Perché se fossero solo parole…

Certo. Le tue dolci parole mi piacciono perché sono sincere. Non temere di ripetermele. Piene di grazia,

esse traducono il tuo animo. Ma soltanto un atto di virtù ne è la prova. Spesso un atto prepara l’altro.

Perciò ti chiedo di entrare molte volte al giorno nella cella dei segreti, nel cenacolo delle confidenze.

Quando mi avrai detto tutto, rimarrai in silenzio, sempre sul mio cuore e capirai.

Tu conosci già la forza della solitudine; questa settimana, prova la vita del raccoglimento. Certo! Anche

per strada. Non sono forse dappertutto?

Oh! che bell’esercizio, andare in cerca del proprio Dio-Amore… “Dov’è, Lui che mi vede? Lo avevo

appena stretto a me, che se n’è andato rapidamente e non so dove sia fuggito… Chi potrà

restituirmelo?”.

E i sospiri interiori della tua anima sono la mia vita, mi toccano e mi riconducono a te.

Non sono io, il più impaziente?

In cielo, mi possiederai senza chiamarmi. Ma ora, usa il tuo fascino provandomi la tua fede con i tuoi

desideri di me. Chiamami nelle tue mattine. Lo conosco bene questo tuo grido! Non privarmene!…».


24 maggio 1945 –


«Sopporta le spine d’ogni giorno per amore mio. Questo prepara la tua anima alla virtù eroica.

Comprendi che l’unione con Dio non è altro che fare la volontà di Dio.

Capisci che per ognuno arriva un momento che richiede una virtù suprema: ognuno ne otterrà la grazia

con l’accettazione amorosa dei pesi quotidiani.

Vedi dunque che i piccoli lavori abitudinari sono di grande valore per l’anima che li svolge

nell’affettuosa ubbidienza a me. Non ti ho detto che nulla è piccolo ai miei occhi?

Che tutto verte sul modo amoroso di agire?».


2 luglio 1945 – “Signore, che ognuna delle mie visite porti a tutti gioia e pace! Ma sono abbastanza pura?”.


«Chi è puro? Non vi sono che peccatori o purificati.

Guai a coloro che s’inorgogliscono di non soccombere alle tentazioni che non subiscono».


13 settembre 1945 – Dopo la Comunione.


«Ricordati che devi dare gioia e tutto ciò che è gioia.

Non senti che è la tua missione? Allora, fai nascere le occasioni di rallegrare:

sii il genio della gioia».


18 ottobre 1945 –


«Mettiti di fronte al mio volto. Ora, svolgi la tua anima. Distendila come un tessuto dispiegato

ricordando le tue colpe. Quelle di ieri, quelle di oggi.

Tu me le mostri senza dire nulla. E tuttavia, è una preghiera; te ne stai umile dinanzi alla tua miseria

ostentata ed è la preghiera più eloquente.

La voce del giusto si leva durante il giorno e durante la notte. Qual è il suo grido, se non quello

dell’umiltà?

Vedi? Anche le tue mancanze possono avvicinarti a me. Sèrvitene per farne amore di riparazione, amore

di contrizione. Tutto deve portare all’amore.

E mi incontrerai. Non avrò fatto, io, più che metà del cammino?».


8 novembre 1945 –


«Consideri la morte come una festa che vuoi preparare fin d’ora?

Con quanta cura prepari i tuoi ricevimenti terreni?

E la riunione di Lassù, non vale forse tutte le delicatezze? Affrettati, mia diletta!

Le foreste degli anni sono ingiallite come l’oro.

La tua anima, piena di linfa, arriverà agli ultimi sprazzi di luce, poi rientrerà nella sua sorgente,

lasciando lo sguardo di quaggiù per un sole più bello.

1946


19 settembre 1946 –


«Non vuoi lasciarmi prendere gioia da te? Tu mi credi infinitamente felice; ma pensa alla gioia

contingente che voi potete procurarmi e che mi è negata in tanti cuori!

Questa è la tua occasione di consolarmi.

Un uomo aveva molti figli che amava d’un affetto misurato su ciascuno. Prevedeva ogni dettaglio e

cercava solo di renderli felici.

Alcuni si stancarono d’un tale amore e lo lasciarono con insolenza.

Altri trascinati da questo esempio, se ne andarono con meno scalpore ma con la stessa ingratitudine.

Altri ancora furono tentati dal piacere dell’indipendenza e si allontanarono pieni di orgoglio.

Quest’uomo rimase solo con l’ultima delle sue figlie, che gli dimostrò una devozione così fedele, una

tale volontà di riparare le ferite causate dai fratelli che quest’uomo, per la presenza di questa unica figlia,

per il suono puro della sua voce, per i suoi gesti che cercavano soltanto di piacergli, dimenticò le colpe

ingiuriose e il proprio dolore.

Vuoi essere tu questa presenza per me? Vuoi donarmi tutte le tue azioni?».


“Signore, sono così piccola”.


«Unisciti a me. Ti farò grande».


24 ottobre 1946 – Scendevo sulla terrazza dicendogli: “Vieni con me”.


«Dimmelo spesso e nel tuo lungo viaggio verso la morte ti accompagnerò ancora».


Ma io pensavo che, in quel momento supremo, avrei avuto bisogno anche della Santa Vergine.


«Come potrebbe, Lei, non essere vicina a coloro che recitano l’intero rosario, ogni giorno della loro vita?

Tu le chiedi centocinquanta volte al giorno di pregare per te nell’ora della tua morte…».


Ora santa. “Mio Dio, ti ho amato oggi come desideravi che ti amassi?”.


«Mi hai amato soprattutto quando non hai fatto la tua volontà, come stamani quando ti hanno pregata

di andare a fare il catechismo in Parrocchia, e avresti preferito rimanere con me nella tua camera. Ma, al

servizio degli altri, sei al mio servizio.

Mi è gradito che tu sia duttile nell’ubbidienza. Non esitare mai. Va’ avanti. Credi.

Così, mi proverai che il tuo amore non è fatto di sole parole. È come un amore sostanziale che mi è

dolcissimo. I santi si ingegnavano a calpestare la loro volontà per amor mio. Per loro, questo era “fare la

prova”. Prova anche tu. Tutto ti sorriderà quando tutto sarà per me».


21 novembre 1946 –


«Ogni anima ha il suo modo di amare. Non privarmi del tuo. Io vi conosco e apprezzo i vostri modi

peculiari. Dal principio del mondo, nessuna anima assomiglia ad un’altra: è questo che forma la

sinfonia delle mie delizie. Non ne ho diritto? Ma non esigo nulla. Aspetto. E quando mi appagate, la

mia gioia è grande. Dunque, non aver paura di darmi. Impara a farmi doni. Molto semplicemente,

come una figliolina.

Sii piccola e rimani vicina al tuo “Grande Amico”. Entra in me, tanto da perdere perfino il ricordo di te.

Considera tanto i miei interessi, che i tuoi non ti occupino più se non in rapporto con la mia Gloria».


12 dicembre 1946 –


«Pensa ai miei pensieri, e dirai le mie parole.

Quale edificazione, figlia mia. Quale leva… Prova».


19 dicembre 1946 –


«Io aspetto ciò che tu vuoi donarmi come un povero alla tua porta… Cerca qual è il momento in cui mi

hai fatto più piacere oggi. Non sarà forse quello in cui sei stata più semplicemente piccola con i

piccoli?».

1947


2 gennaio 1947


Ora santa. Lo adoravo e gli auguravo dei cuori.


«Mai tu mi augurerai sufficiente amore da placare la mia sete! Sì, dammi dei cuori per mezzo della tua

amabilità verso tutti. Anche verso i peccatori. Attirali a te con l’intenzione di darmeli.

Fa’ l’opera mia, mia piccola collaboratrice.

Non perdere nulla della nostra unione, figlia mia, in nessun momento».


16 gennaio 1947


Pensavo al 5 % di sconto e mi domandavo: “La santità sarà più accessibile?”.


«La santità non è un’addizione: un solo atto d’amore può fare un santo nell’istante della morte,

nell’abbandono e nella fiducia più assoluta. Questa fiducia mi onora tanto! Io sono come Sansone.

Perdo la mia forza di Giudice quando un’anima mi esprime la fedeltà del suo amore. Non che questo

amore sia un grande amore, ma è il più grande che essa è in grado di offrirmi. Allora essa mi tocca sul

vivo e sono incline a piegarmi alla sua volontà, che adotto come mia».


18 febbraio 1947


Ora santa.


«Io sono più presente a te che tu a te stessa, ma vi sono momenti in cui la pienezza di me si fa sentire

con un sovrappiù d’amore; e quando dici a te stessa: “È Lui!”, mi rallegro di essere stato riconosciuto.

Ciò che mi fa male, è restare presso di voi come un estraneo, quasi un indesiderabile… Non essere

voluto, ah! Come il mio atteggiamento è costretto a dipendere dalla vostra accoglienza! Mentre io vorrei

essere sempre per ogni anima il Prodigo dell’amore…

Come farò, se avete la porta chiusa? Stavo per dire: lo sguardo ostile? diffidente?…

Alcuni temono che io chieda troppo. Se sapessero, come sarebbero felici di darmi tutto, in un perfetto e

gioioso abbandono. Il vostro dono più bello è la gioia nel servirmi.

Anche quando avete il pensiero della morte, non siate tristi poiché io ho preso lo stesso vostro

cammino. Anche mia Madre ha voluto prenderlo: è spesso questa la grande riparazione per la vostra

lunga vita di spensierati egoismi».


16 febbraio 1947




«Te ne prego, vivi ininterrottamente nel mio amore! Io non ti costringo. Non vi costringo mai,

nemmeno ad accogliere i miei doni. Siete liberi.

Quante volte la vostra libertà mi ha crocifisso!...

Allora, aspetto… aspetto per secoli… Non credi che ti attendo da molto tempo?… Nessuna anima è

simile alle altre. Nessuna mi darà ciò che attendo da te».


26 febbraio 1947


Mentre ero in visita.


«Non dire ciò che si deve tacere. E non tacere ciò che si deve dire».


6 marzo 1947




«Ogni anima attira da me un amore speciale.

Ecco perché sono così riconoscente a coloro che s’ingegnano a ricondurmi dei peccatori. Pensa! ho dato

la mia vita per loro! nelle più spaventose torture…

Povere, care anime che amo!

Un umile pentimento… e siete già nel mio Cuore.

Parla loro con dolcezza. Con tenerezza.

Un movimento brusco potrebbe allontanarle di più».


“Domani, Signore, incontrerò un peccatore”.


«Ti dirò io come procedere. Sarò in te come sempre. Tu mi guarderai, mi chiamerai, mi dirai: “Parla per

mezzo mio”. Io sarò il Fratello che ascolta».


20 marzo 1947


Ora santa.


«Ti preoccupi del passaggio della morte? Ma poiché è la più grande prova d’amore che tu possa darmi,

rallegrati! Offrimela sin d’ora con un distacco assoluto.

Dilata il tuo spirito fino all’eroismo. Di’: “Anche se non dovessi subire la morte, la sceglierei per unirmi

a Lui, perché Lui è morto per me e per amore”.

E così, mi darai la gloria più grande che una creatura possa dare al suo Creatore.

Oh! la preziosa morte dei santi, che ha la sua risonanza sino nelle regioni celesti della Casa del Padre!

Non avere paura di perdere la tua vita di un istante per entrare nell’eterno Incontro con il tuo Diletto…

poiché sono io! Ah! sarà il momento della fede, della speranza e della carità.

Impadronisciti di questi sentimenti. E, semplicemente, per sempre. Tu sei con il Padre tuo, con il tuo

Sposo, sei della famiglia di Dio.

Vivi, pensa, ama come in famiglia: sarà un segno d’amore».

«Quell’affettuoso buon giorno che mi dai al mattino o quando ti svegli di notte, quanto mi è dolce!».


27 aprile 1947




«Questa notte, quando sei andata alla finestra aperta per guardare lo splendido cielo stellato i cui riflessi

cadevano sui ciliegi in fiore, ascoltavi l’usignolo dell’isola e sentivi la gioia di avere uno sposo così

potente. Ah! che questo, e molti altri spettacoli della natura accrescano la tua fiducia in me… Scaccia la

diffidenza. Essa non mi onora».


22 maggio 1947


Roma.


«Arriva a desiderare la morte che ti conduce al tuo fine. Essa si avvicina. Provane una grande gioia.

La morte porta alla vita. Allora, tutto ciò che deve ancora succederti sulla terra non deve avere altra

grande importanza per te, se non quella di vivere per piacermi».


29 maggio 1947




«Abbandonati al pensiero della festa dell’Incontro; tu hai organizzato molte feste, fammi l’onore di

credere che io so organizzare le mie. È il programma dell’amore».


19 giugno 1947–


«Cosa sei senza di me? E se non vuoi separarti da me, perché non cerchi di unirti maggiormente a me?

Cosa te lo impedisce? Tu che fai la Comunione ogni mattina, puoi passare tutto il giorno in rendimento

di grazie. Cosa te lo impedisce? Tu desideri amarmi in ogni circostanza, però ti trovi nel mondo,

circondata dal prossimo: ebbene, puoi continuare ad amarmi in mezzo a questo prossimo. Cosa te lo

impedisce? E quando ti succede qualcosa di allegro e soave, accoglila come accoglieresti me, poiché io

mi nascondo: spetta a voi scoprirmi. È questo il gioco di Dio, vinci!

E quando vinci, convinciti che sono io che ho guadagnato di più. Io, il più sensibile».


17 luglio 1947


Ora santa.


«Non posso ritirare ciò che ho detto. Le anime che si offrono a me come vittime, sono le più vicine al

mio Cuore. Perché ti spaventa offrirti così tutte le mattine? Non c’è forse la mia Grazia?

E le vittime, vengono forse immolate ogni giorno? No, sono tenute da parte, nutrite in modo speciale,

ed è alla fine che la loro vita ascende come un olocausto fecondo di riparazione.

Io sono stato un’anima vittima tutti i giorni della mia vita. Non vuoi essere mia sorella?».

«Essere attenta? Significa fare il vuoto dentro di sé e avere il desiderio di me. Allora, io vengo».


10 agosto 1947


Lourdes. Alla Processione del Santo Sacramento pensavo a una risposta orgogliosa che avevo


dato qualche momento prima. Con tenera compassione, Lui:


«Che fatica fai a esser piccola...»


e mi ricordavo di ciò che mi aveva detto in passato in quello stesso luogo, mentre era circondato da cardinali e

da arcivescovi riccamente vestiti:


«Vedi, io sono il più piccolo».


Nell’ostensorio:


«Chiedi a mia Madre di vivere come Lei, in nostra compagnia».


25 settembre 1947




«Simile all’amore per me: l’amore per il prossimo. Che programma, figlia mia, se ci rifletti!… Come lo

cercherai, allora, questo caro prossimo! per servirmi in lui con delicatezze che lo sorprenderanno e lo

commuoveranno. Poiché nulla commuove come la bontà. La bontà che anticipa».


2 ottobre 1947




«Non credi che la mia silenziosa Madre lasciasse dovunque un solco eloquente di santità?».


9 ottobre 1947




«Dimmi che in certi momenti sei sicura di me. Questo mi consolerà degli altri momenti…».


17 ottobre


Parigi, Boulevard Raspail. Pensavo che era ben monotono ricominciare ogni volta a offrire la


propria giornata. Lui, vivamente:


«E io, non ricomincio forse ogni mattina a offrirmi nella messa? Ho forse mai pensato che bastasse una

volta sola? Ti costa tanto darti spesso a me, che ti aspetto sempre? L’amore moltiplica le sue parole senza

ripetersi».


23 ottobre 1947


“Signore, io sono così poca cosa... Perfino quello che ho, me l’hai dato tu”.


«Chiedi di più. Chiedi meglio. E benché tu sia molto lontana dalla perfezione, chiedimela

incessantemente per avvicinarti a me. Quante grazie non ottenete, perché non me le domandate!».


30 ottobre 1947


Ora santa.


«Ciò che è triste, è l’assenza di comunicazione fra il Creatore e la sua creatura.

È come un silenzio di morte. Io sono la Vita e la dono. Attendila. Desiderala.

La vita che dono va fino all’eternità. I beati lo sanno: riconoscono le mie vie in se stessi.

Tu, cerca di cogliere la mia azione nella tua attività.

Io ti dico spesso: “Agirò tramite te, se acconsenti”. Perché io non costringo, vengo su invito. Nulla ti

turbi. Donati a me come sei. Perché dovresti aspettare? Come è amabile la fretta di venire a me… essa

avrà la sua ricompensa speciale. Quando si cammina, si fa poca strada; verso Dio, bisogna correre!».


9 novembre 1947


Durante la messa, guardavo entrare una persona.


«Non potresti sacrificarmi i tuoi occhi? Fa’ che guardino me. Temi ciò che ti allontana dal pensiero di

me, cerca ciò che ci avvicina… Tante cose scaturiscono da uno sguardo! Tante cose scaturiscono dal

pensiero… Giustamente, tu diffidi meno della tua volontà che del tuo pensiero. Fa’ di tutto per

conservare il ricordo di me. Riporta tutto a me».


13 novembre 1947




«Come ignorate la forza del vostro Dio!… Avete paura di conoscerlo? Voi che lo cercate così poco?… La

gioia delle vostre anime risiede nella relazione abituale con il vostro Creatore, il vostro Salvatore.

Abbandonatevi a Dio qualsiasi cosa faccia.

Lasciatevi sospingere e assecondate il suo Soffio con il vostro zelo. Tu, vieni a Lui con entusiasmo;

poiché Egli possiede ogni risposta ai tuoi bisogni di tenerezza, di riposo, di comprensione.

Ma i vostri pensieri sono brevi… Prolungate almeno i vostri desideri… Per giungere al gradino

superiore, al gradino nuovo dove lo Spirito vi aspetta per farvi salire ancora più in alto.

Ma che tutto sia fatto nella gioia, quella gioia che aumenta la gloria di Dio.

Un padre di famiglia sarebbe forse contento se i suoi figli venissero a trovarlo per timore, di malavoglia?

Quando ti avvicini a me dilata il tuo cuore, figliolina mia, come una fanciulla felice.

Tu pensi: “Lui mi chiede sempre dei sorrisi interiori”. Lo crederesti che, pur essendo Dio, ho bisogno

del sorriso degli uomini, perché ho un bisogno estremo della vostra felicità? Chi può capirlo? Chi può

anche sostenerne il pensiero? Credi.

Poiché è il mio Amore che parla e bisogna ascoltare la mia Voce in modo diverso dalle altre voci».


20 novembre 1947


Ora santa.


«Voi vi abituate a essere amati. Io non mi abituo al vostro affetto:

mi commuovete sempre come se fosse la prima volta. Ah! se ne foste più convinti, moltiplichereste le

parole che mi rallegrano, forse quelle, le più semplici, che non avete cercato:

sono sgorgate guardandomi nel vostro cuore.

Oh! fai tutto ciò che puoi per il mio Regno, nell’intimità dei cuori. Ci sono alcuni a cui sono stato

presentato, ma non mi ricevono…

E io, che vorrei tanto vivere la vostra vita quotidiana, semplicemente!».


25 novembre 1947


Dopo la Comunione.


«Il tuo motto per oggi: “Per Dio e contro di me”».


26 novembre 1947


Dopo la Comunione.


«In te, io prego il Padre».


27 novembre 1947


Ora santa. Tornavo da un tè in casa del conte di S.


«Adesso, dimentica il mondo e guardami. Sono stato contento di sentirti parlare della solitudine

fruttuosa dei prigionieri, una solitudine che li avvicinava al contatto divino.

Hai notato come il corso della conversazione si è andato elevando fino alla fine? In questo, tu sei stata

mio strumento. Che tu lo sia spesso. Vedi, ho pochi strumenti sulla terra…

Chiedi allo Spirito di guidare il tuo spirito. Non parlare secondo te stessa, parla secondo me, in vece

mia. Sai quando è che tu parli come me, figliolina mia?

Quando dài prova di bontà e grazia. Quando commuovi.

Quando rispondi con dolcezza a una riflessione acerba.

Quando scusi, quando servi, quando dài. Quando plachi un carattere irascibile. Quando consoli.

Quando mantieni inalterato il tuo umore. Quando rimani umile senza cercare di prendere il

sopravvento. Quando sei riconoscente per l’amabilità altrui.

Quando sei generosa. Chi fu più generoso di me? e più dolce? e più umile?

Tutto questo è tuo: tu, fa’ parte del mio Corpo mistico».


11 dicembre 1947




«Il peso del mio amore per gli uomini aumenta sempre. È così fino alla fine dei tempi. Chi mi crederà?

Quanti ne rideranno?

Tu sapessi quanti cattivi mi sciupano, non solo nell’anima loro, ma in quella degli altri… e in quella dei

bambini! Se tu lo sapessi… mi ospiteresti in te: nella tua memoria, nel tuo intelletto, nella tua volontà.

Ricordi? Dicevo a Zaccheo: “Vieni, abiterò nella tua casa”.

Pensa, se dicessi a te e ad ogni anima di buona volontà: “Resterò sempre in voi fino al vostro ultimo

respiro...” e poi vi conducessi nella mia dimora, quella del Cielo, dove non saremo mai più separati…

Comprendi il programma dell’Amore concepito da tutta l’eternità?…».


25 dicembre 1947




«Non bisogna temere di guardare la perfezione perché lì ci sono io, perché io l’ho vissuta, perché

l’occuparmi di voi è la mia delizia. Allora, non siete più soli, avete me.

Ricordi una volta, quando avevi i cavalli? Ti piacevano i tiri schierati a freccia… Ebbene, io cammino in

testa e tu, tu segui, un po’ da lontano, ma segui.

Il buon ladrone ha compreso l’amore, e ha lanciato il suo grido di rimpianto. Pochi istanti dopo,

riposava sul mio petto. L’amore chiama l’amore. Tu, rispondimi.

Ho sete di te. Che cosa t’intimidisce? Le tue ripetute negligenze? Le tue insufficienze? La tua mancanza

di precisione? Il tuo pensiero assente? I ricordi negativi?

Io mi faccio carico di tutto. Io raccatto le miserie. Ne fo degli splendori.

Dona tutto. Osi dirmi che qualcosa potrebbe non essere mia nella tua vita? Quando non si è che

uno…».


31 dicembre 1947


Dopo la Comunione.


“La parola d’ordine per il 1948, mio Signore?”.


«Vicinissima»

, invitando all’unione.


1948


3 gennaio 1948 –


«Riprendi fiducia e ricomincia il tuo umile cammino, sempre più vicina a me.

Sai che non hai solidità e che i tuoi fondamenti non possono essere che in me.

Quando crolli, io prendo le macerie e rifaccio un tempio nuovo più bello, perché ti sei umiliata.

Pensa a questo per riuscire ad amare l’umiliazione.


Non l’ho vissuta io stesso per tutta la mia vita terrena? Io, Dio! Quale compagna, figlia mia!…

Vedi, ciò che affligge l’amore è l’indifferenza, è l’apatia, è l’inerzia: molte anime sono con me come se io fossi

ancora morto. Ma sono vivo, figlia mia, e sono vicino a loro, dentro di loro, aspettando che mi parlino, che

mi sorridano e che il loro cuore batta un po’ per me.


Esigo così poco! Sono contento così presto…Chiedo solo di essere invitato e m’incarico io della festa».


19 gennaio 1948 – Con intima dolcezza:


«Al momento della morte dei miei amici, non credi che io venga a prenderli dolcemente? con le

delicatezze che tu conosci? per introdurre l’anima loro nel mio Regno?

Non faresti altrettanto tu, per godere della loro sorpresa e della loro gioia, all’ingresso di una delle tue

belle case? Allora io, Dio, che amo di più, che possiedo di meglio, come potrei disinteressarmi della loro

uscita dal tempo? Tutto quel che puoi immaginare sul fascino del mio cuore innamorato, neppure si

avvicina alla realtà!

Ricorda che ho voluto la vostra gioia tanto da essere disceso a conoscere la sofferenza.

E quando vi vedo soffrire, e soffrire uniti a me, raccolgo ognuna delle vostre sofferenze

con grande amore, come se le vostre avessero superato le mie, come se le vostre avessero un valore che il

mio cuore vorrebbe rendere infinito.

Ed è per questo che, quando me lo permettete, io voglio fondere la vostra vita nella mia».


22 gennaio 1948 –


«Io sono il Dio di tutti i momenti della tua vita perché

sono l’anima della tua anima».


Per strada.


«I sacrifici si fanno sempre nella volontà».


La sera.


«Va’ oltre la bellezza e il fascino. Arriva a me».


12 febbraio 1948 – “Signore, voglio essere sempre vicino a voi, è soltanto il mio pensiero che se ne va”.


«Richiamalo dolcemente, senza irritarti: perché io, io non mi irrito mai. Io vi conosco.


Vi amo nella vostra buona volontà. È la pace che hanno cantato gli angeli quando sono venuto a rinnovare il

mondo. Quanto spesso io sono più indulgente con voi, di quanto voi lo siate con voi stessi! Dammi la gioia di

vedertelo credere».

19 febbraio 1948 –


«Umiliati per i tuoi sbagli. Sono i vostri difetti che vi rendono infelici.

Riconoscete i vostri torti. Riconoscete le vostre superficialità, il vostro poco coraggio e la vostra poca

energia per migliorare, la vostra abitudine ad una certa oziosità, la vostra negligenza a guardare il

Modello che è la mia vita, la vostra fatuità soddisfatta nel vedere ciò che siete a qualunque gradino siate,

il vostro atteggiamento indifferente nei confronti dei miei Sacramenti.

Avete lo zelo di venire a purificarvi nella Penitenza?

Cercate di eccitare la vostra fame per la mia Eucaristia d’amore, che vuole aiutarvi a camminare?

Non vivete forse come se doveste restare sempre sulla terra?

Di rado voi date uno sguardo anche furtivo all’Aldilà, alla vostra dimora di domani! Quando invece il

vostro cuore dovrebbe esserci già, ringraziando, lodando, adorandomi in tutti i giorni e in tutte le azioni

del giorno…

Tu almeno, hai l’anima colma di me? Respiri soltanto per me? Continui a guardare ai tuoi interessi

prima che ai miei, o mi poni davanti a te, come un fanale sul tuo cammino?

Ti sei rivestita delle mie preoccupazioni? Hai preso parte alla conversione del mondo?

Accanto ai miei martiri, puoi dire: “C’ero anch’io”, non fosse che con i tuoi desideri?

Chi mi aiuterà, se voi, miei comunicati, non vi stringete a me?».


11 marzo 1948 –


«…Vi sono alcuni poveri di cui nessuno s’interessa. Se sono in mezzo alla strada, li si guarda e si passa

oltre. Ma se una persona attenta si ferma davanti a uno di loro,

per una parola benevola, un’elemosina, il conforto gli dà coraggio e speranza.

Io sono questo povero. Siate il mio conforto.


20 maggio 1948 – “Signore, quante cose sulla terra sono noiose! Non pensate che starei meglio da Voi?”.


«Poiché la tua vita è per me, fammi la grazia di mantenere il tuo sorriso.

Poiché hai da fare del Bene, desidera proseguire. Poiché è la mia volontà, sii felice di compierla.

Ingegnati a dare gioie intorno a te, senza cambiare nulla nelle tue abitudini, semplicemente “come va

fatto”. Non ne senti tutta la differenza? Parlare con affetto, parlare senza unzione: sono le stesse parole,

non è lo stesso tocco. E poiché puoi farlo, perché non farlo?

Ti sarebbe facile intenerire un cuore inacidito.

Poiché io sono negli altri, perché non te ne dovresti prendere cura? Servimi dunque là dove sono.

Non saresti felice di inseguirmi fin là, tu che mi cerchi?

Tu mi cerchi nella bellezza delle rose, nel canto dell’usignolo sulla terrazza,

in quello del cuculo che ti arriva dall’isola sulla Loira,

nelle stelle lucenti delle notti di maggio e fin nei lontani arabeschi delle paludi.

Ma non sono io innanzi tutto nelle anime,create a mia immagine? In questi esseri umani di cui sono il

fratello Salvatore? E non avresti motivo, dunque, di raggiungermi attraverso di loro? Essi non si

accorgeranno nemmeno che tu hai mirato a me, ma ne sentiranno il conforto.

E io, io lo estenderò...».


“Signore, con X… non ho trattenuto il giudizio poco caritatevole che volevo tenere nascosto”.


«Un fiore di meno… Ti assicuro che avrei potuto utilizzarlo per la mia Gloria. La mia Misericordia si

servirà del tuo rimpianto. Umiliati riconoscendo le tue mancanze e io ti farò salire più in alto che se tu

non fossi caduta».


17 giugno 1948 – Ora santa. Cercavo mentalmente come avrei potuto piacergli di più.


«Io non domando l’impossibile. Non chiedo nemmeno il difficile. Desidero che si venga a me con la

semplicità dei fanciulli, dei figli di Dio. Oh! figlia mia, sentiamoci in famiglia!

Chi, più di me, ha diritto alla voce del sangue, al richiamo delle vostre viscere, al fremito dei cuori che

riconoscono la loro sorgente?

E poiché siete i figli di Dio, perché non amarlo come figli, parlargli come figli, ringraziarlo come figli

pieni di gioia, poiché la gioia è il lustro dell’amore?

E pieni di una duttile ubbidienza che è il velluto della tenerezza; pieni di una costante premura che è lo

sguardo del cuore; pieni di invenzioni nuove che sono la vita dell’amore.

Nessuno dei sentimenti del cuore umano ha tanto bisogno di vita come l’amore.

Che in te l’una sia l’altro! Lungo le ore del tuo cammino, mira a Dio senza sosta: i tuoi occhi saranno

puri. E quando cerchi di parlarmi, dimmi semplicemente: “Ti amo”.

Credi che è abbastanza, credi che è tutto.

In questo sono racchiusi i rimpianti, le speranze, la fiducia. E senza limiti, senza parole.

Io, io vi conosco fino in fondo. Vi penetro in piena chiarezza, nessuno dei vostri sforzi mi sfugge: io li

vigilo, li sostengo. Sono sempre il padre che insegna a camminare al suo più piccolo. Puoi capire con

quale tenerezza? Sii la mia più piccola».


15 luglio 1948 – Avevo ricevuto per posta la prima pagina di bozze di “Lui e io”.


«Oh! siine ben lieta […]. Si capirà finalmente un po’ meglio il mio amore?

Io sono come un ricco che, avendo largheggiato per la felicità dei suoi amici più cari, si ferma

commosso a considerare i suoi beneficati: faranno attenzione alle sue delicatezze? o passeranno beffardi

come sul Calvario? Molti scuoteranno il capo con disprezzo. Altri rimarranno indifferenti.

Ma coloro che pongono il loro spirito nello Spirito, con il desiderio sincero di possedermi

maggiormente, questi conosceranno un improvviso intenerimento che li stupirà e li soggiogherà.

Prega perché io mi propaghi. […]».


22 luglio 1948 – Mi preoccupavo di un progetto matrimoniale per mia nipote.


«Innanzi tutto, sottoponilo a me. Io sono sempre il Creatore,

come nei primi sette giorni, e la tua fiducia mi onorerà.

Oh! questo problema della fiducia… Perché stentate tanto a credere?

Rileggete la storia della mia vita: tanti miracoli, tanto amore... tanta semplicità in mezzo a voi… E

l’invenzione della mia Eucaristia, questa mia perpetua Presenza nella vostra vita,

non merita che veniate a raccontarmi tutto ciò che vi occupa con una tenera apertura del cuore?

Non compiangeresti un amico che non ricevesse mai confidenze? o un padre affettuoso al quale non si

chiedessero consigli?

Allora, Gesù Cristo… potreste tenerlo in disparte? e proprio nei crocevia della vostra esistenza?

Quale via prendere? Io presiedo perfino al sangue che scorre nelle vostre vene; fatemi l’onore di crederlo

e di ringraziarmene.

Ti ricordi lo scrigno di tua madre? Con quanta cura lei ci riponeva i suoi gioielli e le altre cose preziose!

Il mio cuore è lo scrigno delle anime.

Esse vi stanno rinchiuse senza mai perdere splendore.

O dolce Dimora, più dolce del velluto».


7 agosto 1948 – In una tentazione di egoismo.


«Ti prego! Non servirti prima di me!».


4 ottobre 1948 – A Le-Fresne.


«Oggi, contemplerai la mia bellezza.

Già stamani hai visto quella pennellata di rosa intenso all’orizzonte, verso oriente.

Poi, passando sotto gli alberi, ti sei fermata davanti ai lunghi fili delle ragnatele di ottobre, tese da un

ramo all’altro, con le gocce di rugiada infilate come fossero perle in tante collane aperte.

E il grillo, che aveva cantato tutta la notte sul tuo ciliegio, ad un tratto ha taciuto perché il sole era

appena sorto.

Allora, la Loira ha cominciato a cambiare colore con tanta varietà di tinte che nessun prodotto della

terra avrebbe potuto fornirle tale ricchezza.

E gli aironi sono passati rigando il firmamento viola.

Se sai guardare bene, tutte le ore del giorno hanno la loro magnificenza:

viene da me, viene da una parte del mio Essere, per voi naturalmente, per sviluppare in voi l’attrattiva

verso la lode, il gusto dell’adorazione, l’amore dell’Amore.

E ogni mattina io faccio nuovi i miei spettacoli per fare nuovi i vostri cuori.

Hai un fornitore tanto abile, e che cerchi tanto di piacerti?

Hai qualcuno per ritagliare le nuvole in quelle forme che ti piacciono?

Hai un ingegnere capace di sollevare il fiume fino al muro della tua terrazza?

Chi è il mercante che ha disposto gli uccelli sui tuoi alberi? e tante farfalle fra i tuoi fiori?

E stamani, è stata una fabbrica di

tulle che ha steso, come fosse un velo, la striscia di nebbia che tagliava


l’isola in due piani?

Di chi è la mano che stacca con tanta grazia le foglie ingiallite dei tuoi tigli, mentre le tue piante di

fragola ti offrono i loro lunghi getti per i frutti degli anni venturi?

Apri bene gli occhi e guarda l’Amore: è Lui che passa».


12 ottobre 1948 – Mal di denti.


«Metti la tua guancia contro la mia guancia schiaffeggiata».


9 dicembre 1948




«Dov’è il tuo cuore? È per te o per me? »


10 dicembre 1948 – Nella mia camera.


«Chiedi la fame e la sete di Dio. Chiedi il mal di Dio».


20 dicembre 1948 –


«Un santo è un uomo come gli altri.

Ma si è svuotato di sé e ha invitato lo Spirito a prendere il suo posto.

Ed è lo Spirito che è santo».

1949


3 febbraio 1949 –


«Dai l’esempio. Bisogna che i figli di Dio facciano onore al loro Padre.


Ora santa.


«Non lasciar spegnere la fiamma della tua fiducia. Non ne hai bisogno tutti i giorni? Fa’ che arda dentro

di me. Va’ e ritornaci spesso come in un felice stato voluto da me, poiché vi voglio stabiliti nella mia

fiducia. Essa fa parte dell’Amore.

Tu, se mi ami e se credi al mio amore, ti abbandonerai nelle mie mani come un fanciullo che non

domanda nemmeno: “Dove si va?”. E parte allegro, con la mano nella mano di sua madre.

Oh, beata fiducia che vi attira tante grazie!…

Bendati gli occhi e ama di non saper nulla del futuro, per cogliere l’occasione di abbandonarmelo.

Io so guidare un cieco per le vie migliori.

E quando questo cieco sa di essere mio figlio, non arriverà perfino a rallegrarsi della sua infermità, che è

la sua forza sul mio Cuore?

E io, io sarò tentato di ringraziarlo della sua fiducia, come di un segno di predilezione, come di un

favore particolare. Vedi in questo la mia tenerezza che è incessante.

È una vita senza morte. Tu, alimenta questa vita mia e tua. Fa’ la tua parte.

Invocami con il tuo desiderio. Spesso come tu respiri. Non pensare che sia troppo. Io, che sono in te,

invece domando sempre: “Non è troppo poco?”».


10 febbraio 1949 – Dicevo il responsorio: “Affinché io sia fatta degna delle promesse di Cristo”.


«Nessuno è degno, se non chi si tiene radicato nel mio amore: sono io che vi rendo degni.

Fa’ dunque tutti gli sforzi affinché la nostra unione sia leale e fedele in tutti i momenti, di notte e di

giorno. Tu sei mia, senza soste. Perché metteresti delle soste nell’amore, nel silenzio, nell’adorazione,

nella volontà di compiacermi? Non ritornare a te stessa. Poiché ti sei data a me la mattina e nel corso

della giornata, rimani in me. Chiuditi dentro e dammi la chiave.

Di modo che, quando ti rivolgerai al prossimo, lo farai mentre abiti in me, e la tua vita esterna sarà

guidata dall’interno con maggiore perfezione e con più amore.

Oh! figlia mia! che bella vita la nostra… invidiata perfino dagli Angeli…

Oh! tempo di intimità che conduce immediatamente all’Eternità!…

Oh! che buon mezzo per consolare il tuo Dio…

E poiché lo ami, come non ti ci applicherai con tutte le tue forze, aiutata dalla mia Grazia?

Vi sono le negligenze, le fragilità della tua natura. Certo, le conosco! Non temere, sono io che ti ho

creata. Sono sempre io che ti ho salvata. Tutto fu colmo nella mia sofferenza, che tutto sia colmo nella

gioia che mi dài! Ma no, non è difficile.

Sai bene che io guardo più allo spirito dell’agire che all’azione stessa; quello spirito che io voglio, in te,

umile e amoroso, costante, staccato dalle creature, distaccato dalla vita terrena, pronto a partire per

l’Aldilà alla mia prima chiamata, gioiosamente: senza la gioia, la dipartita mancherebbe d’amore. È il

Canto della Partenza. Conduce allo slancio.

L’anima è arrivata, sebbene il corpo la trattenga ancora. Oh bella morte gioiosa… degna dei Meriti di

Gesù Cristo!».


30 marzo 1949 – Nella mia camera.


«Figlia mia; valuta meglio il valore del momento presente, il pericolo di guardare al passato e l’inutilità

di guardare all’avvenire.

Vivi semplicemente, amorosamente, il momento che possiedi».


31 marzo 1949 – Ora santa.


«Sta’ attenta ai tuoi pensieri! Non vedi che occupano la maggior parte del tuo tempo? che da loro

dipende il bene o il male delle tue giornate? È un regno interiore che bisogna saper governare.

Collocalo nel clima di Dio: la sua Gloria, la sua Volontà, la sua Clemenza e tutte le qualità che sono sue.

Vivere con il pensiero di queste qualità, significa conoscere meglio Dio, e dare meno importanza a se

stessi.

Ti ricordi? Mi chiedevi: “Quando, Signore, sarò perfettamente unita a Voi? e talmente assorbita in Voi

da non ricordarmi più di me stessa?”.

È in questi pensieri di unione che tu conoscerai il tuo compito: dare gioia a quelli che ti ho messo

accanto. Non credere al caso. Credi all’intervento del Padre tuo, del tuo Amico, Colui che non ti lascia.

E se, invece di dare gioia, tu affliggessi gli altri, se non irradiassi me, me che consolo, potresti forse dire

di aver posto il tuo spirito nello Spirito di Dio?

Che i tuoi pensieri siano dunque tutti Bontà, Indulgenza, Zelo per la mia causa;

tu hai la libertà di comandarli, tu hai il dovere di scegliermi.

Se tu non mi scegliessi, potresti chiamarmi il tuo più grande Amico? il tuo più bell’Amore? il tuo caro

Essere, che vive continuamente nel tuo essere? Tu non mi vedi, ma sai che sono lì. E poiché sai che ci

sono, concedimi i tuoi amorosi pensieri di cieca».


9 maggio 1949 –


«Dimmi umilmente: “Non ho fatto che questo, Dio mio, nell’arco della mia giornata… avrei potuto

fare di più! Non ho fatto che questo… nei miei rapporti con Te… con gli altri…”. E Io completerò».


29 maggio –


«Sai cosa ti chiederò oggi? Di imparare a dire bene degli altri. Che nobile abitudine! Quanto mi

rallegrerebbe… che insegnamento diffonderesti! Ci sono sempre dei pregi, anche in coloro che

sembrano pieni di difetti. Vuoi provare oggi? e continuare per tutti i domani, fino alla tua morte?».


“Sì, mio Signore, ma non so come fare: sono sempre le parole di critica che mi escono per prime”.


«Ti ricordi le carrozze a due ruote? Quando il cavallo si imbizzarriva, si doveva stringere il freno e

trattenere le redini. Allo stesso modo, trattieni l’impulso e rifletti. Sarà per me. Quando è per me, cos’è

che può costare?…».


17 giugno 1949 – Dopo la Comunione, consideravo con tristezza i miei peccati di ieri.


«Dammi il tuo vestito sgualcito. Io lo stiro facendolo nuovo, con i miei meriti».


4 luglio 1949 – Dopo la Comunione, gli dicevo: “Ho proprio vergogna a pensare che siete stato posato sulla

mia lingua inutile e spesso cattiva”.


«Io la conosco. Vengo ugualmente. Anche se tu non credi a tutte le mie Grazie, io te le dono.

Anche se tu non sai quando mi manifesto per mezzo tuo, io mi manifesto, perché sono in te.

Anche se tu balbetti al Padre i tuoi fugaci sentimenti, io, io li prolungo.

È il mio ruolo di Salvatore. Non lo vedi bene, ma gli Eletti lo vedono.

Nel contemplarmi, essi contemplano la Redenzione. Esultano e mi esaltano.

Unisciti a questa esultanza degli Eletti, considerando la mia opera in te. Cerca di scoprirla nella mia Vita

e nella tua. Fede preziosa! Non trascurare nulla per intensificarla, come si punta il raggio di una torcia

negli angoli bui inesplorati.

È la Fede a far sì che il Creatore e la creatura si tocchino. E quando avrai rinsaldato le forze della tua

fede, la tua speranza e il tuo amore si dilateranno per rafforzare l’unità.

Nell’unità, si è fedeli alle piccole azioni come alle grandi, poiché tutto è in comune.

Ed è così semplice, nel Dio presente!

Ripetigli spesso, come in una respirazione d’amore: “Siamo insieme. Siamo insieme”…».


18 agosto 1949 – Mi dovevo sottoporre ad un’operazione chirurgica.


«Che importa quel che può succedere? Poiché mi appartieni, poiché abiti nel mio amore? Poiché il tuo

cammino terreno sfocerà in una vita senza fine? Che tutto ti ci conduca! Invitami a fare accanto a te

quest’ultimo tratto di strada. Che sia soprattutto il più intimo e il più lieto, poiché noi avremo sempre

lo stesso passo. Hai la tua canzone di strada, la volontà di Dio? Nessuna avvince di più. La canteremo a

due.

Puoi star sicura che non mi allontano quando i miei amici soffrono. E la mia Presenza è un tale conforto

che essi arrivano a desiderare di soffrire sempre.

Dunque, tienimi stretto a te, perché possiamo camminare meglio. Oh! la bella via che conduce

all’Eternità. Non essere triste, ne soffrirei. Poiché morire è venire a me.

Poiché perdendoti tu mi trovi… Vuoi che finalmente siamo uniti?».


8 settembre 1949 – In clinica, dopo l’operazione.


«Vedi, avrei potuto venire a prenderti e tu ti saresti lasciata portar via con gioia.

Ma vuoi lavorare ancora un po’ per la mia Gloria?

E lietamente? Non è forse vero che a nulla vale vivere, se non per servirmi? E credi che sono io che ti

servo perché tu possa servirmi?

Ti darò ancora tutto quel che serve al tuo cuore e alla tua intelligenza.

Quando ti sono venuto meno? Tu, non venirmi meno.

E, insieme, scorreremo le maglie di quel che ti rimane da vivere sulla terra. Insieme, sempre.

È una parola forte, non è vero? Quando senti la tua debolezza, come oggi, impadronisciti della forza di

tuo Fratello, per amare, per lodare, per ringraziare il Padre comune.

Non privarlo di alcun sorriso: è un “

Amen” felice.


Allo stesso modo, dai al prossimo. Ha tanto bisogno di gioia e di benevolenza. Non rimpiangere mai di

esserti data senza risparmio.

Vai a dritto. Vai forte. Vai come quando si va a Dio».


29 settembre 1949 – Convalescenza.


«Non è vero che vedi la differenza fra la vita che mi offrivi prima di questa prova e la vita che vuoi

offrirmi ora? Non è vero che ti ha fatto bene avvicinarti all’orlo della vita per guardare con gli occhi

della verità che cosa è la terra, che cosa è la Vita eterna?

Non credi che sia stata una nuova maniera del tuo Dio per attirare la tua attenzione e farsi afferrare più

da vicino? Figlia mia, come è pieno di inventiva il mio Amore! Come desidera potervi catturare mentre

correte… Quanti mi schivano e mi sfuggono! Tu, lasciati prendere.

E senza più fiato, ora che hai sofferto, riposa sul mio Cuore. Credi che non sappia la prova che ti ho

chiesto? Ciò che più conta, vedi, è che tu non abbia dubitato dell’Amore, nonostante tutto. È che tu

abbia detto: “

Fiat” e ti sia abbandonata a qualunque cosa potesse arrivare. Ed è questa la vostra forza


sulla potenza del vostro Dio. Siete voi che guidate il cielo

con il vostro totale abbandono, perfettamente fiducioso. Ora, noi non ci lasciamo più. Io racchiudo la

tua vita. Sono il tuo globo.

Se tu ardi, è nel mio fuoco. Se tu procedi, è nel mio passo. Se tu respiri, è per mio tramite.

Vedi, come la gioiosa accettazione della mia volontà può fondere un’anima in uno stato superiore, un

gradino impensabile! Vedi, come bisogna dire “Grazie” con tutta la forza del tuo cuore!

Vedi, come bisogna lasciarmi fare nelle vostre vite, poiché io ho svolte improvvise, che non erano nelle

vostre previsioni! E quando la Fede o lo sguardo dell’Amore ve le fa comprendere, voi date una gioia

indicibile al Padre vostro, a Lui che, nel tempo delle vostre tristezze o in quello delle vostre gioie, è

sempre e soltanto Amore».


13 ottobre 1949 – Ora santa. “Cristo diletto, eccomi ricaduta nel solito orgoglio e nel solito egoismo”.


«Perché stupirtene, figlia mia? La tua vita non è sempre stata un incessante ricominciare? Io ti amo così,

umiliata, ma pronta a far meglio per amore mio. È allora, che io vengo a te. È allora, che ti aiuto. Lo

Spirito ti riempie perché ora, vuota di te, disillusa su quello che vali, finalmente tu gli lasci tutto il posto

dentro di te.

Riconosci la tua abituale incapacità. Ammetti la tua povertà di giudizio, il tuo poco zelo per il sacrificio,

come se tu ti disinteressassi della mia Gloria.

Esponimi le tue miserie, soprattutto le più scoraggianti, come la mancanza di continuità nel tenere a

bada il tuo difetto abituale. Dimmi la tua pena, ma che questa pena nasca soprattutto al pensiero del

mio dolore.

Poi, tenta di riparare: hai le parole del tuo amore, hai i silenzi, hai gli slanci, hai i rimpianti nella tua

semplice sincerità. E hai decisioni nuove: confidati con mia Madre.

Essa sorveglierà le circostanze insieme a te.

Non credi che è più facile in due? E inoltre, guardami lungamente. Non è vero che fa piacere

contemplare il viso di un amico unico? e che questo dà forza?

E se questo amico è un ideale di virtù, se risplende di perfezione, non è vero che i tuoi occhi, ogni volta

che lo guardi, attingeranno forza da Lui, per imitarlo? Sarà come una benefica spinta che tu riceverai

come un’emanazione della sua dolcezza e della sua affettuosa compassione.

Ama! Vedi, ogni vita cristiana ritorna sempre all’amore.

Non ne conosci ancora tutte le tonalità, tutte le sinfonie, non dico incompiute… ma neppure

incominciate. Trova per ogni giorno un amore nuovo,

quello che non si è ancora espresso a parole: risveglierà in te impulsi che non avevi,

come se ti rivolgessi a un Dio nuovo, adorato sotto un’altra luce, che sia diverso per te ogni mattina, per

saziare il tuo cuore con eloquenti concerti. Poiché Dio è infinito… Entra in Lui come in una foresta

profonda dove i silenzi pieni di mistero risuonano nelle profondità dell’essere».


27 ottobre 1949 – Ora santa, in camera mia. [Unico colloquio di Gabrielle con Dio Padre]


«Quando vedo che mi cerchi, ti sfuggirò? Quando mi chiami ansiosamente, non ti risponderò?

Forse che non sono più lo stesso Dio dei primi mattini della Creazione? di quando il primo uomo,

magnifico e buono, che mi attendeva per aprirmi il suo cuore, trovava un’ineffabile appagamento in

quelle prime conversazioni? E Mosè sul Sinai? e i Profeti? e l’Uomo-Dio, nelle sue solitudini di notte e

di giorno? Puoi dire che non mi avvicinavo a loro con il conforto della mia Paternità?

E dopo che l’Uomo-Dio si è lasciato crocifiggere nell’orrore dei tormenti, per causa vostra, non lo

rivedo forse in ognuno di voi? Il mio Cristo, il mio Unico Figlio...

La vostra voce è la Sua… Giacobbe che prende il posto di Esaù. La mia benedizione discende su di voi

per sempre, se la vostra fedeltà mi è assicurata. Credilo dunque! e non privarmi delle tue implorazioni.

Non soffriresti se io scomparissi dalla tua vita?

Puoi concepire anche solo una mezza giornata senza di me? o un mattino senza Comunione? o una gioia

senza condividerla con me? o un dispiacere che non tu potessi più raccontarmi?

Pensa che, in questo istante, ci sono nel mondo creature che vogliono essermi del tutto estranee…

Per loro, così povere, prega con le ricchezze che tu hai ricevuto proprio per aiutare gli altri.

Prega per loro come se tu pregassi per il Cristo.

Cosa strana, non è vero?… Ma pensa che ognuna delle mie creature è un altro Cristo.

Ora, voi non pensate alle conversioni, perché non le vedete; ma verrà un giorno in cui queste anime,

entrate in Cielo con il vostro aiuto, vi grideranno la loro riconoscenza e il loro amore:

perché in Cielo ci si ama.

Oh! figlia mia, onora il Corpo di Cristo. Prendi cura delle sue membra, glorifica la sua Sposa, la Chiesa.

Non vi è nulla al mondo di più grande, di più prezioso, di più eccellente della santità dello Sposo e della

Chiesa, sua Sposa, se non lo splendore della Trinità che racchiude e illumina tutto ciò che le

appartiene».


3 novembre 1949 – Ora santa.


«A che punto sei del nostro amore? Ti avvicini maggiormente a me nel pensiero del tuo cuore? con

maggiore frequenza e maggiore intimità? Provi gioia a offrirmi un sacrificio? Desideri più fortemente il

mio Regno? La tua bontà è ancora limitata quando si tratta del prossimo?

Vedi: si fanno spesso domande ai bambini per sapere quanto si applicano. Tu, che sai di essere debole e

misera, chiediti se le tue poche forze resistono ancora e come puoi aumentarle.

Quando ci si pesa e ci si misura, si può fare il punto. Oh! il punto dell’anima tua…

come ti è necessario farlo! Soprattutto, fatti coraggio! Com’è necessario un elogio ai principianti!… Ma

sì, mia povera piccola, tu sei sempre una principiante... ma con la ferma volontà di crescere. Sei sempre

una

aspirante, come quelle giovani religiose che vorrebbero affrettare gli anni che ancora le separano


dalla professione.

Immaginati un’aula numerosa, composta da bambini indisciplinati e da bambini volonterosi. Non credi

che il maestro farà di tutto per assecondare il lavoro e l’applicazione di quelli che mirano ad arrivare? Il

tuo maestro è il tuo Dio. Il tuo lavoro, è il suo Amore.

Quand’eri piccola, ti guidavano la mano per scrivere. Il tuo Dio ti guiderà il cuore per amare.

Con gioia tanto più grande quanto più spesso glielo chiederai, poiché tu conosci la pochezza dei tuoi

mezzi… Nessun maestro sarà così attento ai palpiti del suo diligente allievo».


“Signore, vi amo da tanto tempo, e ancora non so amarvi”.


«Per amare il Padre e lo Spirito, prendi in prestito il mio Cuore;

e per amare il tuo Cristo, offrigli la sua Passione».


6 dicembre 1949 – Cercavo un modo nuovo di amarlo.


«Non trovi che la Delicatezza sia il fascino dell’amore?».


9 dicembre 1949 –


«Non potresti sopprimere tutti quei piccoli pensieri inutili che non servono né a te, né al prossimo, né a

Dio? e mettere, al loro posto, un’adorazione amorosa, il desiderio del mio Regno, lo zelo per la salvezza

dei tuoi fratelli? Sarebbero come le piante d’appartamento che abbelliscono i saloni».


11 dicembre 1949 – Chiusura della novena dell’Immacolata. Ero estasiata dalla Messa cantata a cinque

voci.


«Cosa dirai in Cielo, ascoltando cantare le mie lodi in miliardi di voci? Ogni anima santa ha la sua».


Udivo riflessioni entusiastiche da parte di lettori di


«Lui e io»: “Grazie, Mio Signore, di tutte queste grazie


intime che spandete in segreto”.


«E tu non sai tutto. Non lo saprai che in Cielo. E con quale gioia…

Mi compiaccio a percorrere la via dei cuori con il nostro piccolo libro.

Tanti leggono e sono trafitti da una delle mie frecce.

Alcuni non osano credere a tanto amore e rimangono sull’orlo della Verità.

Altri chiudono il libro senza voler comprendere.

Ma credi che molti, profondamente stupiti, tentano di ricalcare il loro modo di amare sull’intimità che

non abbandona, che non trascura, che si ingegna a piacere, a consolare, a rallegrare con una tenerezza

nuova. Ti ho detto che, nell’amarmi, voi non esagererete mai.

Anche fino alla follia: non ho fatto lo stesso io, per voi? Potrete mai rispondere allo stesso modo?

Vicino ai vostri cuori, io sono così povero…

Tante indifferenze, tante avversioni… Almeno quelli che comprendono,

cerchino di farmi ricco ogni giorno, non foss’altro che con un sentimento di commiserazione.

Anche poca pietà da parte vostra mi è già di sollievo.

Un semplice desiderio di avvicinarsi a me, mi calma.

Un atto d’amore, sia pur breve, in mezzo alle vostre occupazioni, mi accontenta.

E se un cuore arriva a non vivere più che per me, io lo appago fin da questa vita,

poiché egli mi offre sulla terra un luogo in cui mi rifugio. Non credere che ce ne siano molti!

Leggete il Vangelo. Guardate il Modello.

Attingetevi l’amore per gli altri, lo zelo nel servizio al Padre, l’unione con lo Spirito affinché Egli soffi

quando vorrà, quanto vorrà.

E se Egli vi manda una prova, non dite: “Basta!”. Tendetegli il vostro essere, affinché Egli lo porti dove

vuole… E sarà sulle cime.

Tu, che mi hai trovato, non desideri onorarmi del tuo delicato amore?

Anche in mezzo alle visite, alle distrazioni, ai viaggi, apri l’interno del tuo cuore: io vi risiedo»


Ultimi giorni del 1949 –


«Che l’amore egoistico di te, esca da te. Che l’amore sacrificato del tuo Dio, abiti in te!».

1950


1° gennaio 1950 –


«Parola d’ordine: “La speranza nel tuo Dio: una speranza sconfinata!”».


“Signore, che queste parole, fissate da Te

su queste pagine bianche come su solide muraglie,

siano altrettante sorgenti d’Amore

a cui verranno ad abbeverarsi i miei fratelli e le mie sorelle della terra!”.

5 gennaio 1950 – A Le-Fresne, di passaggio, davanti a una Loira e a un cielo di piombo.


«Vedi come i tuoi alberi, i tuoi fiori aspettano la linfa che si prepara a ricondurre la vita: tutto è grigio,

tutto è morte. Poi, dolcemente, verrà la primavera.

Abbandonati alla Grazia. Lei e tu: la vela gonfiata dal vento e la barca: o dolce alleanza!

Tu senti il rumore della Loira che passa lungo le tue muraglie, e l'aria che sfiora le tue finestre.

a tu non scorgi la forza divina che ti sospinge quando ti abbandoni a lei.

Qualche volta ti fermi e pensi: “ È forse Lui?” Sono sempre Io...

Allora, anche tu, come i tuoi alberi, come i tuoi fiori, attendi la Linfa, ma domandala.

Cerca di raggiungermi. Tendimi la tua vita: ha ancora pagine bianche.

Domandami di tenerti la mano, e noi le scriveremo insieme.

Sarà come quando eri piccola: perché tu sei sempre piccola.»


12 gennaio 1950 – Ora santa. Io mi stupivo della straordinaria rapidità con la quale si era esaurita la prima

edizione di “Lui e io”.


«Attribuiscilo alla mia volontà, assecondata da quella del Cuore addolorato e immacolato di mia Madre.

Sai che cosa facciamo scrivendo queste pagine? Togliamo il pregiudizio che l'intimità dell'anima con

Dio sia possibile solo per un religioso nel chiostro, mentre il mio Amore segreto e tenero è in realta per

ogni anima. Essa ne ha misteriosamente il desiderio, ed è così vero che ciascuno vuol possedere

l'esempio e il mezzo di giungervi.

Ah! figlia mia, che gioia per me e per te se ogni creatura diventasse finalmente per me l'amico fedele, e

mi offrisse il suo cuore come sua sala più riservata, per mia abituale dimora.

Care creature, ancora timorose,

osate credere,

osate sperare,

osate amare.

Trascinatene altre in questa catena d'amore.

Che questo movimento continui fino all'ultimo dei vostri giorni sempre più rapido,

come un ultimo flusso nel mare.»


19 gennaio 1950 – Ora santa.


«È passato molto tempo dal nostro ultimo cuore-a-cuore in un'ora santa: otto giorni...

Abbi numerosi slanci spontanei e gioiosi, come quando eri piccola.

Quando potevi prenderti una vacanza, tu saltavi al collo di quelli che amavi!

E, quando lasci la città per venire in questa campagna, rivedendola a un tratto, nel primo abbraccio del

tuo sguardo sulla Loira e sulle isole, non è vero che ritrovi tutti l'incanto della tua giovinezza?

Allora, quando ti allontani dagli obblighi mondani, dalla vita materiale, e puoi, per qualche istante,

rientrare nel tuo cuore, dammi l’effusione gioconda, quasi infantile, della tua giovinezza spirituale,

rapidamente, amorosamente e con tutto il cuore; per poi ripartire e continuare il tuo lavoro fra gli altri e

per il mio servizio.

Non essere timida quando si tratta di amarmi, poiché mi dai gioia e mi consoli dalle freddezze della

terra... Forse ho contato troppo su di te? Sarò forse deluso?

Ho anch'io dei sogni, delle speranze; non dimenticare che sono anche Uomo.

Posso dirti “non togliermi le mie illusioni”?...

Hai osservato? Di notte anche le stelle si prestano l'un l'altra la luce.

E quando stai davanti a Me, mia Gabrielle, guardami con una grande tenerezza,

e pensa che è altrettanto dolce essere visto che vedere.»


20 gennaio 1950 – Quarant’Ore.


«Forse che la terra basta, a te?»


21 gennaio 1950 – Quarant’Ore.



Signore, io voglio intensamente riparare per me e per gli altri, intensamente consolarti, e mi hai detto che


per Te è l'intenzione che conta e sei indulgente quando questo non riesce bene.”


«Non t'ho detto anche di sperare perdutamente?»


26 gennaio 1950 – Ora santa. Il freddo era intenso; non accendevo il fuoco per onorare l’Anno Santo.


«È poca cosa, figlia mia, se in cambio della tua penitenza tu mi riconduci un peccatore!

Tu non senti più il freddo di ieri, e non senti ancora quello di domani. Non si tratta dunque che di

questo minuto, e che cosa è un minuto di disagio in confronto a un'anima che non cadrà in inferno, mi

loderà eternamente?

Come si dimentica, in questo secolo, di far penitenza!... Non sarebbe meglio di più abbandonarvi ad

essa liberamente piuttosto che subirla come per forza?

Che la gioia non ti abbandoni mai: è il lustro della mortificazione, è la dolcezza intima dell'amore.

Accanto al tuo focolare spento è il fuoco del tuo cuore che viene ravvivato dallo Spirito:

ed è il fuoco dell'inferno che stai spengendo per alcuni.

Indovini ciò che sento, mia piccola sorella di lavoro?»


28 gennaio 1950 – In un grande ricevimento.


«Più tu soffri, più servi.


2 febbraio 1950 – Dopo un ritrovo in un salotto di amici.


«Hai osservato? Non è tanto quello che dite che importa, ma la maniera con cui lo dite. Quando parlate

con me, è la medesima cosa. Trovate in voi il modo di amare, la sfumatura della confidenza: allora, io

sono vinto. […]

Insieme, cammineremo con i pazienti sforzi quotidiani.

Piccola mia, ascoltami bene: sono i pazienti sforzi quotidiani che fanno i meriti delle piccole cose.»


Ora santa.


«Non domandi abbastanza. Perché sei così timida nel tuo cuore che il mio orecchio non intende la tua

voce? Non hai ancora compreso la gioia che ho Io, nel soddisfare i tuoi desideri? Ma se non hai

compreso del tutto, studiati di comprendere meglio.

Ci sono alcuni esploratori che viaggiano correndo, e altri che invece cercano di studiare i particolari.

Sii l'esploratrice degli infiniti bisogni del mio Cuore per meglio cercare di soddisfarli. Troverai che

attendo le tue richieste, molteplici, umili, ma potenti; contrite ma piene di certezze.

Sii il mio portavalori... i miei Angeli li porteranno a domicilio. Ma bisogna che prima tu abbia

meritato.

E i peccatori? Io ti attendo per attirarli e consegnarli...

E le missioni?... I pagani di Francia e di altrove?

E i miei sacerdoti da aiutare, da conservare nella mia immagine?

E i miei vescovi? Affinché essi abbiano in loro lo sguardo della Paternità?

E per ogni anima del tuo tempo, abbi la cura di entrare nella mia intimità costante.

Non l'ho meritato? Non ho sofferto ancora più atrocemente di tutto ciò che si è potuto descrivere? Se

poteste sapere...

Sappiate soltanto che una parola d'Amore mi paga, che avvicinare le vostre vite alla mia vita – quella del

Cielo, quella eucaristica – mi trascina a portarvi tra le mie braccia, a coprirvi con i miei meriti. Ogni

anima ha la sua maniera di domandare: che la tua sia calda e lunga; gioiosa, come già esaudita;

affettuosa, come sicura d'essere amata; piena di grazia, perché piena dei miei doni; generosa, come

sempre questuante; audace, perché domandi in mio Nome.

Ed io, io ti ascolterò con tanta gioia che tu non potrai non sentirla; ciò ti darà un nuovo coraggio per

chiamarmi a incessanti vittorie.

E quando domanderai ancora di più, rivolgiti al tuo Cristo-Uomo, e il tuo Cristo-Uomo trasmetterà a

Dio Padre, mediante lo Spirito d'Amore. Come puoi credere allora che la tua domanda rimanga senza

risposta?!»


5 febbraio 1950 – Parigi. Nel metrò.


«Forse che non sono il tuo amico? Allora, perché non mi parli con gioia?»


Auteuil.


«È alla sera della vita che comincerai a vivere: quando tu penserai che stai per morire.»


Parigi. Al risveglio. “Oggi, cosa c'è di nuovo?”


«Dio.»


6 febbraio 1950 – Parigi, a teatro.


«Che sono questi spettacoli brillanti? Luci false, diamanti falsi. Quando vedrai quelli del Cielo...»


9 febbraio 1950


Ora Santa.


«Progredisci nel mio Amore, amica mia? Puoi dirti: “Io non lo lascio più, il mio caro Signore, e tutto

nella mia vita si svolge per fargli piacere”? Ti rendi ben conto che bisogna arrivare qui?

La vita non ha altro scopo: servire e amare il proprio Dio. È così che voi imitate la mia vita terrena, tutta

trascorsa nel servizio e nell’amore di mio Padre. Niente vi porterebbe più vantaggio che il riprodurre in

voi la Bontà, la Bellezza dei miei tratti.

Contemplateli nel Vangelo. Ve ne spiegherò il senso, rallegrandomene, come si rallegrerebbe un padre di

famiglia se, avendo messo il proprio ritratto alla portata dei suoi figli, uno di loro venisse a contemplarlo

per attingervi forza d’amore e stimolo alla sua volontà.

Ah! che si possa dire di tutti i miei cristiani: “Essi sono il ritratto vivente del loro Padre!”.

Quale gioia per il Padre!

Hai fiducia in me? Allora, domandami con coraggio tutte queste cose che tu, da sola, non puoi

raggiungere. Un tempo, quando ciò che volevi si trovava sopra un mobile in alto, ti alzavano fra le

braccia. Domandami le mie. Come potrò arrivare, se tu non mi chiami? Oh, il bel grido! Come amo

sentirlo! Oh, la dolce tua debolezza… Come essa è la tua forza su di me. Senza vergogna, offrimi questa

debolezza come i miseri distesi in terra che chiedono soccorso al passante. Io sarò il Passante.

Hai visto ieri nei sotterranei del

metrò quei poveri miserabili? Quante poche persone, nella loro fretta, si


fermavano per fare l’elemosina… Io, davanti alle vostre tenebre e ai vostri languori,

quando mi implorate mi fermo sempre. E se tu potessi vedermi, mentre vi guardo…

Conoscete voi un po’ meglio lo sguardo del Cristo? Imparate dolcemente a conoscerne la Dolcezza…».


19 febbraio 1950 – Giardini del Lussemburgo.


«[...] Io rispetto la vostra libertà e quando la concedete a Me è il più gran regalo che possiate offrirmi. E

che io possa cogliere con tanta gioia. … Ascoltami bene: mi sacrificherai ancor più completamente la

tua libertà al momento della tua morte. Sarà il supremo sforzo del tuo amore intero. Coglierò la tua

morte come una palma.»


2 marzo 1950 – Ora santa. Nantes.


«Metto ciò che occorre nei tuoi pensieri, sfogliali uno ad uno ed essi andranno agli altri, impregnati del

mio fortificante profumo. Sai qual è questo profumo? È il sentimento di essere amato da Dio, è credere

che egli si occupa di voi con la più grande cura. Tutte le nostre righe lo ripetono e risvegliano la vostra

fiducia. È questa la gloria di Dio: la fiducia dell'uomo. E il regno di Dio è l'amore dell'uomo».


… le ultime pagine del Diario di Gabrielle

si trovano al termine della Biografia